Ciao a tutti! Oggi
vi voglio parlare di un romanzo molto
particolare che mi ha lasciato un retrogusto dolce-amaro: “Continuum Il
soffio del male” di Gianfranco Nerozzi.
La storia inizia
con un prologo che anticipa le atmosfere di inquietante
raccapriccio che percorreranno tutto il romanzo:
“Ricordo, come se fosse adesso: il baluginare rabbioso della neve e l’urlo del vento, mentre la sera diventava sempre più scura. Quel sabato 24 dicembre, la fottuta vigilia del Natale del ’94. Eravamo giunti, come spettri nella bufera”.
In questo clima sospeso, prosegue il racconto con la presentazione in prima persona del commissario Francesco Negronero a cui verrà affidata la creazione di una squadra speciale che dovrà debellare dal Nord Italia la mafia.
La scelta del commissario per formare il suo team ricade su individui che si sono resi colpevoli di gravi azioni durante il loro servizio nelle forze dell’ordine, disperati che necessitano di riscatto, “cavalieri con la macchia”.
Dopo il ritrovamento nella cripta di una chiesa sconsacrata dei cadaveri di cinque uomini trovati crocifissi e divorati orribilmente da vespe carnivore cresciute come larve all’interno dei loro corpi, Negronero e la sua squadra si buttano subito a capofitto nella risoluzione del caso. Le indagini li porteranno verso una strage simile avvenuta trent’anni prima in Sicilia e ancora più lontano in Messico dove un bambino assiste impotente all’orribile mutilazione della madre. Ma ora quel bambino è cresciuto...
Il caso condurrà il commissario e la sua squadra all’interno di una matassa che li invischierà sempre più e investirà la loro vita personale.
Il personaggio che avvince subito dalla prime pagine è sicuramente il protagonista, il commissario Negronero, che lo scrittore fa parlare in prima persona in molti capitoli. E’ una figura complessa che l‘autore è riuscito con maestria a caratterizzare: carismatico, votato alla lotta contro il male, padre affettuoso ma anche una figura con lati oscuri, marito assente e infedele. Ossessionato dal tempo che scorre porta con sé un orologio ad ogni polso, uno giusto e l’altro in avanti di mezz’ora come in una sorta di ying e yang temporale. Ossessionato dal suo nemico, il pericoloso artefice degli orribili assassinii, si trova legato a lui da un’inquietante complementarità: come il suo avversario non è più capace di provare alcun sentimento, così lui, in seguito ad una strana formazione nel cervello viene colpito da una sorta di analgesia idiopatica che gli farà smettere di percepire qualsiasi dolore fisico. Avvinto dall’incertezza, conscio che la sua vita stia per volgere presto al termine si troverà a combattere da solo una lotta verso non solo un individuo ma addirittura verso il Male Assoluto che si può annidare ovunque.
Un libro che mi ha rapito sin dalle prime pagine per lasciarmi spiazzata e disorientata ad un quarto dalla fine: un cambio repentino di registro e di atmosfere che non sono riuscita a digerire facilmente, da poliziesco con atmosfere dark a romanzo introspettivo che volge al paranormale negli ultimi capitoli; per questo motivo ho deciso di lasciare sedimentare per qualche giorno dentro di me le sensazioni che mi ha suscitato.
Ebbene, dopo averci riflettuto su sono arrivata alla conclusione che la mia delusione derivava da un’ errata prospettiva: il romanzo non vuole essere semplicemente il racconto di cinque individui che combattono il crimine organizzato ma la metafora della vita di un uomo che si illude inizialmente di poter vincere ed eliminare “i cattivi” e che invece in una spirale di dolorosa consapevolezza che lo avvilupperà fatalmente, scopre che il Male, veramente pericoloso, è quello che non si vede, che si materializza subdolamente dentro di noi e che spesso è così potente da poter acquistare “vita propria” e cercare di distruggere ciò che abbiamo di più caro.
“Passiamo la nostra vita a creare significati e a trovarli, quasi per forza. La ricerca della felicità spesso passa attraverso una smodata assunzione di alibi. Alias di quello che siamo, conditi con quello che vorremmo diventare. Poi c’è la paura, certo. E quella fa sempre la differenza e ci influenza nel profondo. Così alla fine creiamo fantasmi su cui far convergere le nostre colpe. Francesco pensa e ripensa alle teorie del Continuum: il male come un virus, un soffio malato che si propaga nel tempo e nello spazio.”
“Ricordo, come se fosse adesso: il baluginare rabbioso della neve e l’urlo del vento, mentre la sera diventava sempre più scura. Quel sabato 24 dicembre, la fottuta vigilia del Natale del ’94. Eravamo giunti, come spettri nella bufera”.
In questo clima sospeso, prosegue il racconto con la presentazione in prima persona del commissario Francesco Negronero a cui verrà affidata la creazione di una squadra speciale che dovrà debellare dal Nord Italia la mafia.
La scelta del commissario per formare il suo team ricade su individui che si sono resi colpevoli di gravi azioni durante il loro servizio nelle forze dell’ordine, disperati che necessitano di riscatto, “cavalieri con la macchia”.
Dopo il ritrovamento nella cripta di una chiesa sconsacrata dei cadaveri di cinque uomini trovati crocifissi e divorati orribilmente da vespe carnivore cresciute come larve all’interno dei loro corpi, Negronero e la sua squadra si buttano subito a capofitto nella risoluzione del caso. Le indagini li porteranno verso una strage simile avvenuta trent’anni prima in Sicilia e ancora più lontano in Messico dove un bambino assiste impotente all’orribile mutilazione della madre. Ma ora quel bambino è cresciuto...
Il caso condurrà il commissario e la sua squadra all’interno di una matassa che li invischierà sempre più e investirà la loro vita personale.
Il personaggio che avvince subito dalla prime pagine è sicuramente il protagonista, il commissario Negronero, che lo scrittore fa parlare in prima persona in molti capitoli. E’ una figura complessa che l‘autore è riuscito con maestria a caratterizzare: carismatico, votato alla lotta contro il male, padre affettuoso ma anche una figura con lati oscuri, marito assente e infedele. Ossessionato dal tempo che scorre porta con sé un orologio ad ogni polso, uno giusto e l’altro in avanti di mezz’ora come in una sorta di ying e yang temporale. Ossessionato dal suo nemico, il pericoloso artefice degli orribili assassinii, si trova legato a lui da un’inquietante complementarità: come il suo avversario non è più capace di provare alcun sentimento, così lui, in seguito ad una strana formazione nel cervello viene colpito da una sorta di analgesia idiopatica che gli farà smettere di percepire qualsiasi dolore fisico. Avvinto dall’incertezza, conscio che la sua vita stia per volgere presto al termine si troverà a combattere da solo una lotta verso non solo un individuo ma addirittura verso il Male Assoluto che si può annidare ovunque.
Un libro che mi ha rapito sin dalle prime pagine per lasciarmi spiazzata e disorientata ad un quarto dalla fine: un cambio repentino di registro e di atmosfere che non sono riuscita a digerire facilmente, da poliziesco con atmosfere dark a romanzo introspettivo che volge al paranormale negli ultimi capitoli; per questo motivo ho deciso di lasciare sedimentare per qualche giorno dentro di me le sensazioni che mi ha suscitato.
Ebbene, dopo averci riflettuto su sono arrivata alla conclusione che la mia delusione derivava da un’ errata prospettiva: il romanzo non vuole essere semplicemente il racconto di cinque individui che combattono il crimine organizzato ma la metafora della vita di un uomo che si illude inizialmente di poter vincere ed eliminare “i cattivi” e che invece in una spirale di dolorosa consapevolezza che lo avvilupperà fatalmente, scopre che il Male, veramente pericoloso, è quello che non si vede, che si materializza subdolamente dentro di noi e che spesso è così potente da poter acquistare “vita propria” e cercare di distruggere ciò che abbiamo di più caro.
“Passiamo la nostra vita a creare significati e a trovarli, quasi per forza. La ricerca della felicità spesso passa attraverso una smodata assunzione di alibi. Alias di quello che siamo, conditi con quello che vorremmo diventare. Poi c’è la paura, certo. E quella fa sempre la differenza e ci influenza nel profondo. Così alla fine creiamo fantasmi su cui far convergere le nostre colpe. Francesco pensa e ripensa alle teorie del Continuum: il male come un virus, un soffio malato che si propaga nel tempo e nello spazio.”
Alla prossima!