Questo
è un libro che non conosce mezze misure: o lo si ama dall’inizio o lo si odia e
si è tentati di abbandonarlo.
Per
me è stato un colpo di fulmine e adesso, a distanza di qualche settimana
dall’averlo terminato, è capace di suscitare ancora in me sensazioni vive e
vibranti.
La
trama è molto semplice ma come in ogni storia è il modo in cui viene raccontata
a fare la differenza: e’ la narrazione di avvenimenti accaduti in una calda estate
ligure di vent’anni prima, e a farlo è
proprio il protagonista, Elio, allora diciassettenne.
Sono
appena iniziate le sue vacanze estive nella villa sul Ponente ligure. La sua è una
famiglia che fa della cultura un vero e proprio culto: il padre, professore all’università,
ogni anno ospita d’estate degli universitari, cosa che Elio accoglie sempre
come una scocciatura. Quell’anno però è diverso: arriva da New York, un ragazzo
di 24 anni, Oliver, che deve terminare la sua tesi di post-dottorato e il suo
incontro non lo lascerà indifferente.
Sin
dai primi sguardi, Elio sente che qualcosa lo turba e crea dei rituali per dissimulare
il sentimento nascente che crescerà in maniera sempre più coinvolgente fino a
diventare un ossessione e a influenzare l’umore delle sue giornate. Elio si
porrà importanti interrogativi sulla sua sessualità, germoglieranno dubbi sul
senso della sua esistenza; quell’estate rappresenterà uno spartiacque nella sua adolescenza e lo condurrà
a non riconoscersi più nell’Elio di addirittura un mese prima che conoscesse
Oliver. Sarà dilaniato tra il desiderio dirompente di una maggiore intimità con
l’universitario e il tentativo di essere “normale” intrecciando una storia con
una sua amica del posto.
La
passione che lo travolge però è più forte e l’amicizia con l’americano diverrà
un legame estremamente potente capace di sfidare qualsiasi bigottismo.
L’estate
di Elio è un susseguirsi di conversazioni appassionate con Oliver, di nuotate
insieme durante la mattina, passeggiate in bicicletta fino in paese mentre
interiormente, si alterneranno momenti di sofferenza acuta, gioia, ansia, entusiasmo,
coraggio e paura di non piacere.
“Questo era il mio momento di “paradiso”
e, giovane com’ero, sapevo che non sarebbe durato a lungo e che dovevo
godermelo per quello che era invece di rovinarlo con il mio proposito, spesso
vacillante, di consolidare la nostra amicizia o di portarla su un piano diverso”.
Anche
Oliver, man mano si scoprirà sempre più e l’amicizia con Elio si trasformerà in
un vortice di passione alternato a ripensamenti e conseguenti periodi di distacco;
come in un giro sulle montagne russe assaporeranno insieme la sofferenza e
l’estasi più pure.
E’
un legame che segnerà entrambi per
sempre e mostrerà la sua forza anche a distanza di parecchi anni, quando si ricontreranno ormai più
maturi e forgiati da altre esperienze di vita.
“Sono come te, ha
detto. Mi ricordo tutto.”
Mi sono fermato un secondo. Se ti ricordi tutto[…]allora, una volta soltanto, girati verso di me e, come avevi già fatto allora, guardami negli occhi, trattieni il mio sguardo, e chiamami col tuo nome.”
Mi sono fermato un secondo. Se ti ricordi tutto[…]allora, una volta soltanto, girati verso di me e, come avevi già fatto allora, guardami negli occhi, trattieni il mio sguardo, e chiamami col tuo nome.”
Quella
narrata è semplicemente una storia
d’amore, che sia tra due uomini non cambia la profondità di un sentimento che
due anime possono condividere (checchè ne possa dire l’ipocrita moralista); si
sarebbe potuti cadere nel banale o nel volgare ma l’autore è stato in grado di
mantenere sapientemente bilanciati i momenti di passione e di riflessione.
Lo
stile è molto evocativo, e lo scrittore è riuscito con una prosa scorrevole,
schietta fin certe volte all’eccesso a farmi immedesimare nel personaggio
narrante. Ho ritrovato in molti passi pensieri che ogni tanto mi sorgono,
stupita che fossero messi su carta in maniera così perfetta e coinvolgente.
Considero
la storia raccontata da André Aciman, come una metafora della vita, e che sia
stata raccontata una storia d’amore per me è solo un dettaglio. La sensazione
che mi ha pervaso durante l’intera lettura e soprattutto verso la fine è che certi
ricordi, quelli che ti segnano, che
costringono la tua vita a prendere una direzione piuttosto che un’altra, sono
quelli che si caricano di una tale energia, che anche quando gli avvenimenti e i
protagonisti saranno ormai molto lontani nel tempo o nello spazio, qualsiasi
oggetto, qualsiasi paesaggio sarebbe capace di farli rivivere in un eterno
presente come il sapore delle madeleine per Proust.
“Mi balenò un pensiero: i miei
discendenti avrebbero saputo cosa ci eravamo detti quel giorno in quella
piazzetta? O se non proprio loro, almeno qualcun altro?Oppure tutto si sarebbe
dissolto nell’aria, come sentivo che una parte di me desiderava?Avrebbero
saputo che quel giorno, in quella piazzetta, il loro destino era stato
sull’orlo del precipizio?[…]
Fra trenta o forse quarant’anni
tornerò qui e ripenserò a una conversazione che non potrò mai dimenticare, per
quanto un giorno possa desiderarlo. Ci verrò con mia moglie e i miei figli,
mostrerò loro il panorama, indicherò la baia, i caffè, i Le Danzing, il Grand
Hotel. Poi mi metterò qui in piedi e chiederò alla statua e alle sedie con lo
schienale di paglia e ai traballanti tavolini di legno di ricordarmi un certo
Oliver.”