Il libro inizia con un’inquietante
allegoria tratta da un antico testo buddista della tradizione Madhyamika: un
uomo in viaggio da una terra remota si ferma per riposare in una casa
abbandonata dove a mezzanotte vede arrivare un orco che porta con sé un
cadavere, dopo poco arriva un altro orco che litiga con il primo per la
proprietà del cadavere. I due orchi non essendo in grado di arrivare ad un
accordo, chiedono il parere dell’uomo, che dice la verità, dunque che è stato il
primo orco a portare il cadavere. Il secondo diventa furioso e gli strappa un
braccio, allora ecco che il primo orco sostituisce il braccio mancante con quello
del cadavere e così via fino a che ogni pezzo del corpo dell’uomo è rimpiazzato
da ciascun pezzo del cadavere, persino la testa.Il giorno dopo, quando ormai gli orchi sono andati via dopo aver banchettato
con i pezzi scambiati, l’uomo si rimette in viaggio letteralmente scosso, e comincia
a chiedersi se ha ancora un corpo e se lui esista ancora. Lungo la strada
incontra dei monaci buddisti a cui pone il dubbio esistenziale che lo
attanaglia e loro gli rispondono con un’altra domanda : “Tu chi sei?”.
“Tu chi sei?” è la
domanda fondamentale che percorre tutto il saggio e guida il lettore nei
meandri misteriosi della mente umana ai confini del sé, alla ricerca di una
definizione di ciò che ci rende ciò che siamo con i nostri ricordi e
sensazioni.
Attraverso le storie
di persone affette da patologie del sé, che mettono a dura prova l’ormai
consolidato “cogito ergo sum” cartesiano, l’autore vuole scoprire insieme a
noi la sede del nostro “Io”, se esiste
oppure è una realtà emergente per puro caso da meccanismi in atto nelle varie
parti del nostro cervello. Il corpo, inoltre,
come essere incarnato, che ruolo ha in tutto questo e il suo legame con la
mente, dovunque essa risieda, è fondamentale oppure esso funge da semplice accessorio?
Alzheimer, sindrome di
Cotard, autismo, depersonalizzazione, epilessia, Doppelgänger , sono malattie del sé che mettono a soqquadro le certezze
su ciò che sentiamo di essere, sulla sensazione che abbiamo di possedere un Sé con una storia coerente che ci segue nel
tempo, che abbia sede dentro di noi e che rende ognuno di noi individui unici,
tutte considerazioni che diamo per scontate e su cui molto raramente ci
soffermiamo a pensare.
“A volte, chi vive sempre e senza disturbi nel proprio corpo
e, oltre a questo, avverte chiaramente le emozioni e le percepisce come
proprie, non si rende conto della fortuna che ha. Se per tutta la vita si è
stati intimamente connessi con il proprio sé, non lo si apprezza poi tanto.”
Ogni capitolo
ripercorre e analizza alla luce delle ultime scoperte delle neuroscienze, ciascuna
malattia; le storie nella maggior parte
dei casi sono raccontate in prima
persona dai pazienti, intervistati da Anil direttamente. Colpisce in maniera
favorevole, che non ci sia mai il classico distacco emotivo dello scienziato
nella narrazione, anche nella presentazione di aridi dati scientifici, anzi,
queste disfunzioni del sè vengono sempre guardate con un occhio partecipe della
sofferenza profonda di queste persone e delle drammatiche conseguenze nella
loro vita di tutti i giorni; cosa ancora più sorprendente, attraverso l’analisi delle loro esperienze, c’è
come un ripensamento sovversivo su come le malattie mentali siano state
considerate finora.
“Guardando le cose dal punto di
vista dell’esperienza delle persone che abbiamo incontrato in questo libro, la
comprensione della natura del sé è cruciale. Se[…] la causa della nostra
sofferenza è l’attaccamento illusorio a un sé che ci appare solido, allora la
comprensione della sua vera natura potrebbe alleviare le nostre pene. […] E se
invece vedessimo quei disturbi come una conseguenza non di presunti difetti del
sé, ma di un attaccamento ossessivo alla nostra idea del sé?”
Un libro che consiglio
di leggere a chiunque sia anche solo minimamente attratto dagli studi sulla
coscienza e che attraverso la vita di persone che vedono il mondo diversamente
dalla “gente normale” vuole trovare un senso all’affascinante complessità di ciò
che ci rende umani: armonia di pura carnalità e sé evanescente.