Ciao a tutti, oggi vi presento un altro
romanzo edito da “Il ramo e la foglia edizioni”, “L’età della rovina” il
romanzo d’esordio di Francesco Tronci.
Il romanzo è
ambientato in un periodo di apparente grande fermento politico, in una società
dove è in fibrillazione, sempre in maniera apparente, la voglia di cambiamenti
e riforme, e in cui i cittadini credono di poter essere artefici del proprio
destino come di quello del Paese.
“I
principi fondamentali dell’età della rovina, una nuova costituzione non scritta
e senza autori diretti, venivano ripetuti ossessivamente dai rappresentanti del
potere politico a ogni buona occasione, intervista, dichiarazione sui giornali,
comizio in piazza o conferenza. Non sembravano parole vestite dal conforto
tiepido di una riflessione profonda, ma accrocchi di sillabe che pretendevano
di stabilire in che direzione la società avrebbe dovuto muoversi, ora che si
navigava da anni in questa nuova età che nessuno aveva mai chiamato età della
rovina. Declamavano il valore nobile dell’iniziativa individuale e della
creatività contro il pessimismo e la mancanza di inventiva.”
Seguiamo
le vicende contorte, le meschinità politiche attraverso la vita di colui che
nel romanzo non avrà mai un nome ma sarà sempre definito dal ruolo che gli è
stato affibbiato dalle circostanze: “l’aspirante”; e un nome non l’avrà
nessuno dei personaggi che si avvicenderanno sul palcoscenico della narrazione.
Ecco, perchè sì, il romanzo sembra una rappresentazione teatrale, che ha in sè
qualcosa di tragico e allo stesso tempo grottesco, dove le parole vengono
contaminate dallo squallore intimo dei personaggi che attorniano l’aspirante e
il loro significato piegato e lordato ad uso e consumo dei vari attori della
scena.
Seguiremo le vicende dell’aspirante, che in
quanto tale aspira semplicemente ad un lavoro dopo essersi laureato, ma che
colleziona solo una serie di stage con belle promesse, intervallati da periodi
di speranza angosciosa. Durante il racconto delle sue vicende, verremo resi
partecipi anche delle ansie e preoccupazioni dei genitori stessi del
protagonista: costretti a vivere e a cambiare in continuazione case in affitto
senza riscaldamento, perchè perseguitati da creditori e padroni di casa
incuranti del loro stato di quasi indigenza, conducono la loro grama vita
richiedendo in continuazione finanziamenti per pagare i loro debiti.
L’aspirante
impossibilitato a crearsi un suo posto nella società, vive insieme ai genitori
e si arrabatta per non lasciarsi schiacciare dagli eventi mentre la madre
contribuisce facendo da badante notturna senza possibilità di ferie o malattie.
Mentre i
personaggi principali si trascinano alla bell’e meglio, nel panorama politico
si confrontano i due partiti principali, Il Partito del Progresso e
il Partito della sicurezza; è tutto un susseguirsi di accesi dibattiti
televisivi, pieni di promesse di liberazione dalla schiavitù economica e
dall’insicurezza sociale dilagante.
La
popolazione prende posizione, urla nelle piazze, illusa di poter avere un ruolo
attivo; ma quelli che non hanno diritto nemmeno a sollevare la testa e a dare
fiato alle loro richieste sono proprio i poveri, guardati con disgusto da
tutti, perchè essere poveri è una colpa, un peccato capitale che rende indegni
della stessa vita.
“L’aspirante
aveva appreso col tempo, senza necessità di particolari istruzioni, che le sue
lamentele andavano espresse con moderazione, giacché le lamentele dei poveri
hanno un insolito 13 potere disturbante. Nell’età della rovina nessuno aveva
mai prestato attenzione a un’elementare evidenza: gli unici a lamentarsi, e a
lamentarsi della propria condizione con notevole disinvoltura, non erano gli
ultimi della coda, ma tutti gli altri, senza imbarazzo. La loro doglianza
reclamava modernizzazione, «diritto al futuro!» gridavano, l’età della rovina
apprezzava la pretesa di futuro, l’attitudine propositiva e l’intuizione
creativa, queste erano le sole doglianze feconde. Invece le parole degli ultimi
suonavano stordenti, tessere di una voce senza futuro che, a chiedersi come
sarebbe stato domani, era già sfibrata. Così i poveri, per non risultare
inopportuni, si davano una regolata.”
Francesco
Tronci ci mostra lo spaccato di una società irrimediabilmente corrotta, nemmeno
lontanamente conscia di essere stata intaccata da un grande male,
quello del cinismo che induce al calcolo e alla mancanza di empatia, in definitiva
“un’età della rovina” che prima o poi imploderà. Lo scrittore con uno stile
scorrevole e con una grande attenzione dedicata all’aspetto sociologico e ai risvolti filosofici delle vicende, ci guida verso una profonda riflessione
sulla nostra stessa società, così simile a quella del romanzo e a prendere le
distanze da certi meccanismi malsani di cui potremmo essere vittime o
paradossalmente carnefici noi stessi.