“Uscii dal mio
nascondiglio soltanto quando fui certo che gli alianti se ne fossero andati. Le
loro grandi ombre avevano cessato di danzare silenziose sulla sabbia,
tremolando come luci nell’acqua ogniqualvolta incontravano dei rottami affioranti
dalla pelle granulosa del deserto; e fu allora, sgattaiolato fuori dall’anfratto
in cui avevo trovato rifugio-non era poi altro che l’abitacolo rugginoso d’una
vecchia automobile rovesciata-che riconobbi un complice sorriso nelle larghe
cromature ossidate, di quello e dai tanti veicoli ammassati all’intorno.
Mentalmente li ringraziai. Dopo giorni e giorni vissuti da braccato, avevo
bisogno di un po' di cordialità, anche solo quella metallica di qualche
centinaio di auto abbandonate.”
Questo è l’incipit di “Navi nel deserto”, romanzo d’esordio
di Luigi Weber, Professore
Associato presso il Dipartimento di Filologia classica e Italianistica dell’Università
di Bologna.
Già da queste
poche righe si può intuire il contesto in cui è ambientato il romanzo: l’ammasso
di rottami d’auto in cui il personaggio trova riparo e l’accenno al deserto
fanno presagire un’epoca post-apocalittica in cui il passato tecnologico
defunto si combina con l’uso di fantomatici alianti utilizzati da chi sta
braccando l’uomo.
A queste inquietanti
premesse si aggiungeranno altre immagini affascinanti e anch’esse inquietanti,
che rimandano al titolo dell’opera: navi con ruote che si muovono lungo piste
nel deserto.
Il romanzo è
quindi ambientato in un futuro molto lontano, si spera, in cui non ci sono più
nè mari nè corsi d’acqua, dove impera nella sua maestosità crudele il deserto,
tranne qualche Oasi o alcune “Rocche”, città fortificate costruite in alto su
montagne.
Troviamo che
invece si muovono come nomadi, degli uomini che hanno deciso di abbandonare le
Rocche, e che coraggiosamente si sono imbarcati su queste gigantesche navi; a
loro si aggiungerà una nave che si destreggia spietatamente nel deserto, alla
ricerca di altre navi da saccheggiare, seminando morte per il solo gusto di
procurare sofferenze atroci, la nave dei pirati capitanata da Schomberg.
Luigi Weber descrive in maniera accurata e cruda una società ipocrita, piena di preconcetti verso chi non si adegua a delle regole sancite in base ad una vuota apparenza, e ciò vale per tutti, marinai delle Navi, abitanti di Oasi e Rocche, ma il tutto molto più accentuato e descritto con straordinaria attenzione per questi ultimi che come le loro città vivono arroccati su un'asfissiante perbenismo.
In questa
storia, seguiremo le vicende di un capitano giovanissimo, neofita della vita
vagabonda delle navi, Joseph Conrad, designato tale dal suo predecessore,
nonostante provenga da una Rocca, decisione che lascia contrariati i suoi
sottoposti; poi incontreremo un altro capitano, Julian Sands, la cui vita si
intreccerà con quella di Freya, una giovane fanciulla che conoscerà in una
delle Oasi; ci verrà presentato un traditore che si muoverà in maniera astuta
tra navi e Rocche; e infine seguiremo lo stesso pirata Schomberg, nelle sue
perverse scorribande.
Durante la
narrazione sentiremo il sapore amaro di antiche rimembranze, in cui la vita
scorreva normalmente così come la conosciamo oggi e tutto ciò si mescolerà con
il tentativo di alcuni personaggi di condurre una vita il più accettabile
possibile, ma le loro vicende ad un certo punto si influenzeranno vicendevolmente in maniera tragica, anche se alcuni di loro non si conosceranno mai di persona, e tutto ciò dona un
retrogusto amaro e per questo ancora più estremamente affascinante a tutta la storia.
Il romanzo alterna
in maniera sapiente il racconto
diaristico in prima persona a quello del narratore onnisciente in terza
persona, riuscendo a farci immedesimare nei tormenti, dubbi e riflessioni dei personaggi;
ne esce un racconto corale in cui ciascuno di loro risulta importante
quanto gli altri e la loro intima essenza si mostra trasparente.
Questo romanzo
ha la particolarità di essere un omaggio allo scrittore Joseph Conrad, infatti
ogni personaggio ha il nome di personaggi tratti dai suoi romanzi, una scelta
fatta dall’autore in onore di uno scrittore che come riferisce in una sua
intervista, ha avuto un notevole impatto su di lui, cosicché il racconto delle
lore vite in “Navi nel deserto” riporta alla memoria le vicende degli stessi
personaggi nei romanzi di Conrad, in un afflato letterario molto suggestivo.
In “Navi nel
deserto” non ci sono però solo echi di Conrad, ma anche di Melville, Philip
Dick, Joseph Roth fino ad arrivare alle fiabe persiane e le tragedie greche, sapientemente
uniti dalla sensibilità dell’autore che ha filtrato le sue esperienze letterarie mediante il suo vissuto, e attraverso una lunga gestazione, ha creato come risultato questo affascinante
e originale romanzo in cui la fantascienza, lo stile post-apocalittico e quello
del romanzo d’avventura si mixano in maniera coinvolgente senza mai eccedere
con gli ingredienti.
Quest’opera
contiene dentro di sè, tra i vari livelli di lettura, anche un’amara
constatazione sull’umanità, che mi ha portato a riflettere sugli
avvenimenti che sono accaduti in questi ultimi anni: nonostante gli eventi
catastrofici che si intuisce si sono succeduti in maniera drammatica e che pur nel loro orrore avrebbero potuto avere l'unico pregio di servire da collante per non soccombere, si
percepisce una riflessione molto poco
ottimista che ha l’autore del genere umano: il pregiudizio, l’ipocrisia e l’egoismo
saranno sempre scogli insuperabili se non si riuscirà ad entrare empaticamente
in comunione con il prossimo e lo si abbraccia nella sua diversità.