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lunedì 13 marzo 2017


“Chirù venne a me come vengono i legni alla spiaggia, levigato e ritorto, scarto superstite di una lunga deriva. Era vestito da adultone ostentava una disinvoltura sfrontata, ma sotto la giacca da orchestrale gli s’intuivano due braccia troppo lunghe per essere qualcosa di più che goffe”.
Così ci viene incontro questo ragazzo di diciotto anni nella sua ingenuità e insieme sfrontatezza tipica di un’età al confine tra la fanciullezza e l’adulto che sarà.
La voce narrante è Eleonora, un’ attrice alla soglia dei quarant’anni che con diffidenza gli si avvicina pur rimanendone affascinata.
Vorrei poter dire che quella tra noi fu un’immediata affinità elettiva, ma sarebbe una menzogna: io Chirù lo riconobbi dall’odore delle cose marcite che gli veniva da dentro, perché quell’odore era lo stesso mio”.
Chirù è iscritto al Conservatorio dove si sta per diplomare in violino; il ragazzo è guidato da forti ambizioni, vuole diventare un artista importante e chiede ad Eleonora di fargli da mentore, per introdurlo alla Vita. Lei esita ma alla fine cede complice “una luminescenza emotiva che non provavo da molto tempo”.
Inizia un percorso particolarmente doloroso per lei, durante il quale vengono a galla alcuni fantasmi dal passato che aveva nel frattempo riposto in un cassetto sigillato della sua memoria: un padre violento, una madre anafettiva e succube del marito, una storia d’amore di passione diluitasi in una pacata amicizia ma è soprattutto il ricordo del terzo e ultimo dei suoi allievi, con il suo carico di sofferenza, ad impedire un rapporto esclusivo e sereno con il ragazzo.
Eleonora diventa la sua guida spirituale ma, abituata ormai ad avere un controllo quasi parossistico della sua vita, è come se si volesse lasciare uno spiraglio aperto per allontanarsi da lui non appena la situazione sembrerà sfuggirle di mano.
Il rapporto che si crea è a tratti ambiguo ed il ragazzo mentre fa tesoro in maniera a volte spregiudicata di tutti gli insegnamenti che lei gli fornisce, le si lega eccessivamente. Tramite un gioco di sguardi, sensazioni, di frasi dette ma anche non dette, si protrae la loro conoscenza reciproca fino a giungere ad una scena finale che sancirà l'essenza della loro “relazione”.
Michela Murgia fa uso di una scrittura ammaliante, piena di frasi con subordinate fortemente evocative che ci avvolgono piacevolmente. Mi ha colpito molto la suddivisione dei capitoli in tante lezioni, come se, a mio parere, ad imparare dalla Vita, dovessimo essere tutti noi insieme ai due protagonisti.

Questo è un romanzo da assaporare pian piano, dalla trama a prima vista pacata, che sembra sfiorarci leggermente ma a ben guardare molto pungente. E’ un romanzo il cui “terremoto” avviene nell’intimo dei personaggi e in particolare di Eleonora, mentre Chirù, nonostante dia il nome al romanzo sembra rimanere sullo sfondo e serva solo da filo conduttore dei pensieri della sua insegnante.