“ È buio e
diluvia quando Silvana Guerrini tira giù la serranda del suo negozietto di
paralumi nel centro di Siena; fa freddo sebbene sia aprile, e ancora diluvia
quando sale sull’autobus per tornare nella periferia dove abita; continua a
diluviare mentre lei, inzuppata e stanca, arranca per le scale del suo
condominio, e scuotendo l’ombrello che gocciola apre la porta di casa. Una
vicina si affaccia sul pianerottolo, “Il postino ha lasciato una raccomandata
per te, ho firmato io la ricevuta”. Le porge una busta cincischiata, con
indirizzi diversi cancellati e riscritti, deve aver girato parecchio, pensa
Silvana prendendola, sarà una grana, non ha voglia di aprirla infreddolita com’è,
e l’appoggia sul tavolinetto dell’ingresso.[...]La busta contiene una risma di
fogli scritti a mano e due biglietti. Tira fuori il primo. “Cara Signora, la
Signora Annibaldi mi ha detto di mandarvi queste cose sue. Tanti saluti.
Saponaro Filomena.”[...]Con un gesto automatico prende l’altro biglietto, ci
butta un’occhiata: una data incompleta, 16 giugno, una sola frase, “Non mi
dimenticare” e una firma: Clara.”
Inizia così “Le rovinose” di Concetta D'Angeli, e sia il titolo sia l’incipit
animano nel lettore subito, anche senza conoscere i dettagli della storia, sentimenti
di ferite e dolori mai né rimarginati, né accantonati.
“Le rovinose”
è il racconto dell’amicizia di due ragazze Silvana e Clara nella Toscana degli
anni ’70 e la sua narrazione le accompagna sin verso la fine degli anni ’80 intrecciando
la loro vita privata con le vicende che
hanno insanguinato l’Italia degli anni di piombo.
La
storia delle due ragazze si divide in tre parti: nella prima sono raccolti i
ricordi rievocati nella mente di Silvana dopo aver ricevuto il misterioso plico
e raccontati in prima persona in un unico flusso torrenziale come se fossero
rimasti intrappolati dentro di sé troppo a lungo e urgessero la fuga; nella
seconda è la stessa autrice a narrare alcune vicende dei due personaggi, una “parentesi
metanarrativa” come la definisce lei stessa e infine la terza parte è il diario
di Clara, grazie al quale vengono date spiegazioni ad alcuni ricordi di
Silvana, rimasti dolorosamente sospesi e inspiegati, chiudendo una sorta di
cerchio e dando così un senso alle loro vite che lo stesso titolo anticipa e
marchia con partecipe tristezza.
Silvana
conosce Clara all’Università quando ha necessità di alcune traduzioni dal russo
per un lavoro da consegnare ad un professore. L’amicizia all’inizio sembra
essere una di quelle che poi sfumano quando si viene presi dalla routine
quotidiana, invece col tempo il rapporto diventa sempre più saldo, eppure le
due ragazze non possono essere più diverse:
“Biondina, occhi chiari lineamenti affilati,
bassetta, magra, sempre vestita di colori scuri, pantaloni sbrendoli, maglioni
informi: malinconica e silenziosa, senese doc, Silvana viveva in famiglia,
padre invalido, madre incapace; era ambiziosa, puntava al successo
professionale e all’ascesa sociale, voleva diventare ricca.
[...] Clara Bellami invece capelli mori,
lunghissimi, occhi viola, forme prorompenti inguainate dentro minigonne
colorate, braccia collo dita ricoperte di bigiotteria chiassosa, era
estroversa, generosa, divertente. Veniva da Sassetta, provincia di Livorno,
zona agricola, produzione di vino e castagne. Portata per le lingue (“E’
naturale, la tu’ mamma era russa” le ripeteva la tata Cesira) sarebbe diventata
interprete, traduttrice, avrebbe girato il mondo, o chissà? Era irrequieta,
costante, scontenta”.
Sono sì, diverse, ma accomunate da un tormento interiore e autodistruttivo che
ciascuna esterna a modo suo.
Silvana, è desiderosa di riscattarsi socialmente e contemporaneamente, resa inquieta e
dipendente dal forte legame di amicizia con Clara, dovrà venire a patti con un’identità
sessuale, che non potrà più ignorare, anche se ciò vorrà dire scontrarsi con una
mentalità che addita con severità qualsiasi comportamento definito “anomalo”
(lo è in parte ancora oggi purtroppo), mentre Clara, fuggita da Sassetta pur di
non rimanere con un padre denigratore, dopo che anni prima la mamma, di origini
russe era morta, è ogni giorno angosciata per un forte desiderio di essere
dominata ed anela ad essere posseduta da un uomo violento e fustigatore che
riesca a placare il marcio dentro di sé.
L’equilibrio
sebbene instabile della loro amicizia, verrà rotto quando nella loro vita entra
Lorenzo, un rampollo di una famiglia nobiliare, a cui lui stesso, cresciuto
senza affetto e sostegno morale sente di non appartenere, infatti simpatizzerà presto
per le idee violente delle Brigate Rosse senza però entrarne a far parte in
maniera effettiva.
Entrambe
le ragazze col tempo vedranno i loro desideri farsi realtà, ma come in un sogno
che si trasforma presto in un incubo, sarà proprio il loro esaudimento a
condurre ognuna delle due, mediante strade e modalità diverse verso un destino
rovinoso.
Concetta
D'Angeli con sapiente maestria riesce ad armonizzare nel romanzo temi importanti
e diversi come la vita dello studente universitario, i rapporti con la famiglia
d’origine, la crisi esistenziale causata dalla ricerca di un’identità sessuale,
le dipendenze affettive e i rapporti d’amore malsani, tutto ciò unito alla
brama di raggiungere un’emancipazione sociale a dispetto dei muri di gomma presenti
in una società che all’epoca riduceva gli omosessuali a macchiette e guardava
con estrema diffidenza ad una donna che desiderasse farsi strada in ambiti
prettamente maschili.
L’autrice
utilizza uno stile duttile che riesce a passare con facilità dalla simpatica
cadenza toscana alla ruvidità dialettale del Sud, alternando con sapienza,
senza che il lettore avverta con perplessità il passaggio netto, il flusso di
coscienza con il racconto di vicende storiche e quello epistolare. Si nota una
certa delicatezza nel narrare le storie di Silvana e Clara, è evidente l’affetto
profondo che ha unito l’autrice ai suoi personaggi principali, ed è un affetto
che con partecipe commozione riesce a trasmettere anche al lettore.
Nelle ultime pagine del romanzo è raccolta
una lunga lista di stragi terroristiche
e attentati di camorra e mafia avvenute durante il racconto delle vite di
Silvana e Clara. Una lunghissima scia di sangue a partire dal 5 gennaio 1976 fino
al 15 dicembre 1988 che lascia sgomento il lettore e fa in modo che dopo aver
girato l’ultima pagina, lui non sia più la stessa persona che l’ha iniziato.