Pagine

domenica 24 aprile 2016

Libri liberi

Ciao a tutti! Oggi voglio parlarvi di una libreria speciale...
 A Bologna esiste una libreria che è il sogno di ogni lettore: i libri non si comprano ma si prendono in dono.
“Libri liberi”, questo è il suo nome, è in via Petronio Vecchio 57 e rappresenta una bella esperienza che permette di incentivare la lettura e di creare una comunità di lettore vivace e attiva.La Fondatrice è la signora Anna Hilbe, che ha avuto questa idea geniale dopo aver letto un articolo che parlava di due librerie (una a Baltimora e l'altra a Madrid) dove i libri erano gratis. 
Nel 2013 fece diventare finalmente realtà la sua idea.
Inizialmente “Libri liberi” contava solo sui libri della proprietaria e del marito ma poi pian piano grazie ai social network e ad un efficace passaparola cominciò a riempirsi di donazioni esterne ed ora rappresenta un punto di riferimento non solo per gli abitanti del quartiere ma per chiunque sia appassionato di lettura senza distinzione di età.

Il meccanismo  su cui si basa la libreria è molto semplice: chiunque desideri un libro può prenderlo purchè non ne porti via più di tre alla volta, per regolamentare l’uscita. Inoltre chiunque può contribuire nel fornire donazioni alla libreria perché magari ha bisogno di svuotare casa, deve traslocare oppure semplicemente avendo già letto alcuni libri vuole fare in modo che ne godano anche altri. La libreria ha all’incirca 2000 volumi dei generi più disparati: saggistica, dizionari, romanzi, libri per bambini, libri di storia, religione, cinema, sociologia, politica; c’è addirittura una sezione in lingue straniere.Tutti i volumi sono divisi per tipologia e su ognuno di loro è presente un timbro con la scritta ‘Libri liberi – Questo libro non si compra e non si vende’.

Sul tavolo, davanti all’entrata, inoltre, c’è un quaderno colorato in cui sono raccolti i nomi e i numeri di telefono di chi cerca qualche libro in particolare, in modo che nel caso dovesse esserne un giorno fornita la libreria, la persona verrebbe subito contattata.
Un’iniziativa del genere in un Paese come l’Italia, povero di lettori, mi auguro che serva ad avvicinare al mondo dei libri sempre più persone, soprattutto i più diffidenti e che abbia un tale successo da stimolare anche altri “fondatori”!

Alla prossima!

domenica 17 aprile 2016


Ciao a tutti! Oggi eccomi qui con un bel romanzo di uno scrittore emergente: “Il tempio” di Giancarlo Buratti.
Francesco fugge un giorno dalla sua Sicilia; qui sa di lasciare solo frammenti di dolore, rabbia verso un suocero autoritario e sensi di colpa per un rapporto matrimoniale deteriorato che a causa dell’improvvisa morte della moglie non potrà mai più recuperare. Dopo tanti anni torna a Milano dove si è laureato, accolto per i primi mesi in casa da un suo amico di università, Massimo, grazie al quale troverà un nuovo lavoro come direttore sanitario in una struttura psichiatrica permettendogli di rispolverare la laurea in psicologia che per compiacere il suocero e la moglie aveva accantonato passivamente per anni a favore di un deprimente lavoro come agente immobiliare. Sembra così che il destino gli abbia concesso una seconda chance, ma le speranze si infrangono subito contro la presa di coscienza sempre più deprimente che il suo ruolo è solo fittizio e la clinica è solo un centro degli orrori e dei raggiri.
Grazie però al desiderio di conoscere più a fondo una figura enigmatica che si aggira nella casa di cura, Mario,un paziente storico della struttura, unito al sostegno morale dei suoi amici, al pressante senso di riscatto e di giustizia che lo pervadono e soprattutto all’amore paziente di Marèm, una dolce e sensuale somala conosciuta sul treno per Milano, inizierà un lungo e doloroso percorso di rinascita .
Un romanzo dal ritmo serrato con una trama abbastanza complessa che però l’autore ha saputo gestire con padronanza. La bellezza di quest'opera consiste in larga parte nel non riuscire ad etichettarlo all'interno di in un genere specifico perché con sapienza e armonia sono intrecciate la suspence di un thriller e l’interiorizzazione del romanzo psicologico-intimistico: si rimane sospesi tra i due "mondi" e da entrambi l'autore riesce a trarre il meglio.

Alla prossima!

giovedì 7 aprile 2016


Ciao a tutti! Oggi vi voglio parlare di un libro che narra una storia ambientata secoli fa, ma che potrebbe essere benissimo trasportata ai giorni nostri, perché purtroppo la violenza e il razzismo sono epidemie che non siamo ancora riusciti a debellare: “La mano di Fatima” di Ildefonso Falcones.
L’autore con una cura dei dettagli storici meticolosa, incastona la storia di Hernando Ruiz alias Ibn Hamid, in un periodo storico della Spagna molto drammatico: la strenua lotta dei moreschi contro i cristiani per far valere i loro diritti e la loro definitiva disfatta con la conseguente tragica espulsione. Con un groppo in gola si leggono le atrocità commesse da entrambe le fazioni soprattutto sui bambini: molti stuprati, sgozzati o schiavizzati per un semplice sentimento di vendetta. Ebbene Hernando, egli stesso nato da uno stupro subito dalla madre quando aveva solo quattordici anni da parte di un prete, non si lascia trasportare dalla sete di vendetta che ha accecato tutti e la sua vita molto tormentata anche a causa delle discriminazioni subite sia da parte dei cristiani che dei musulmani diventa la testimonianza più significativa che le lotte di religione non hanno alcun senso se non quello di aggiungere altro dolore in un circolo vizioso senza fine. Ildefonso ha caratterizzato il protagonista con una forza interiore così intensa da investire in pieno il lettore e legarlo alle sue vicissitudini, alle sue gioie e alla sua ossessione di ricercare ciò che unisce le due religioni per porre la parola "fine" alla storia di odio e sangue tra le due fazioni.

Alla prossima!

sabato 2 aprile 2016


Ciao a tutti! Oggi per la prima volta vi parlo di un libro che con mio grande dispiacere non mi è piaciuto, sebbene sia stato scritto da una scrittrice che adoro: “La meraviglia degli anni imperfetti” di Clara Sanchez. Non sono riuscita purtroppo a capire questo romanzo già a cominciare dal titolo: a posteriori, non riesco proprio a trovare nessuna "meraviglia" nel racconto del protagonista.
Ma partiamo dal principio. Clara Sanchez ci narra la storia in prima persona di un ragazzo di un quartiere residenziale madrileno, Fran, che ha come migliore amico sin dall'infanzia, Eduardo, che appartiene ad una famiglia molto abbiente e abita nel suo stesso quartiere. Il protagonista è figlio unico di due genitori molto egoisti: il padre è sempre assente per lavoro (ad un certo punto della storia decide di abbandonare definitivamente la famiglia) mentre la madre, dopo i primi tredici anni di vita di Fran, si disinteressa completamente di lui per dedicarsi inizialmente al suo personal trainer con cui intreccia una relazione e successivamente, quando la storia finisce, diventa cocainomane per noia. Fran è innamorato sin dall'elementari della sorella di Eduardo, Tania, ma quando quest'ultima annuncia il suo matrimonio con un ricco possidente messicano, di vent'anni più grande di lei, si rassegna abbastanza presto e comincia a dimenticarla. La vita di Fran procede in maniera modesta: dopo aver terminato le superiori abbandona gli studi e si dedica a lavori precari mentre l'amico Eduardo, entrato in affari con il cognato, diventa milionario. I due ragazzi quindi cominciano a vedersi sempre più raramente e l'ultima volta che si incontrano, Eduardo gli consegna una chiave da custodire promettendogli tremila euro; dopodichè sparisce nel nulla. Fran  su richiesta della famiglia di Eduardo inizialmente cerca di capire che fine abbia fatto l'amico e soprattutto che cosa rappresenti la chiave che conserva. La trama comincia a prendere quindi una piega più misteriosa .. almeno dovrebbe. Sono un'amante dei libri della Sanchez, ma molto probabilmente con quest'ultimo romanzo non sono riuscita ad entrare in sintonia con la scrittrice; incredula anche della delusione che ho provato al termine del romanzo, ho guardato diverse interviste dell'autrice sulla sua ultima uscita, letto più volte le recensioni entusiastiche pubblicate in rete ma niente da fare, il pensiero alla fine è sempre stato lo stesso " tante belle parole che non riesco assolutamente a fare mie". Peccato, perchè lo stile è molto piacevole, ci sono anche spunti di riflessione sulla vita abbastanza interessanti ma il romanzo trabocca eccessivamente di divagazioni nella trama, e personaggi fini a se stessi. E' anche la prima volta che con questa scrittrice, a cinquanta pagine dalla fine, mi sia successo di non aver afferrato ancora il senso della storia. Spero che con il prossimo libro si rifaccia.

Alla prossima!