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domenica 22 gennaio 2017


Una pallida luna di tre quarti” illumina come un faro la scena iniziale, sulla quale al momento solo la vita animale notturna è presente, poi improvvisamente ecco comparire il personaggio attorno al quale verrà imbastito l’intero romanzo:
“Fu sullo sfondo dell’impalpabile nuvolaglia grigio-verde che la ragazza fece il suo ingresso nel giardino. Era nuda, e pallida, e ricoperta di sangue. Aveva le unghie dei piedi laccate di rosso, belle caviglie dalle quali partiva un paio di gambe slanciate ma non secche. Fianchi morbidi. Un seno dritto e pieno. Avanzava un passo dietro l’altro – lenta, barcollante, tagliando il prato in due.
Non era molto oltre la trentina, ma non poteva avere meno di venticinque anni a causa dell’intangibile rilasciamento dei tessuti che trasforma la sveltezza di certe adolescenti in qualcosa di perfetto. La carnagione chiara metteva in evidenza le strisciate lungo le gambe, mentre le ecchimosi su fianchi e braccia e fondoschiena, simili a macchie di Rorschach, sembravano raccontare tutta una vita interiore attraverso la superficie. Il volto gonfio, le labbra solcate da un profondo taglio verticale.
Era normale che gli animali si fossero messi in allerta. Molto piú strano che non l’avessero mantenuta. L’aspide ripiombò sulla sua preda. I grilli frinivano di nuovo. La ragazza aveva cessato di preoccuparli. Piú che l’innocuità, sembravano avvertirne il conclusivo trascinarsi verso il punto che fa crollare le differenze di specie. La ragazza calpestò la superficie erbosa circondata da questa sorta di indifferenza atavica. Venne percorsa dal manto sfavillante col quale la piscina si rifletteva sui muri della villa. Superò la bici abbandonata nel vialetto. Poi, come era apparsa in quel piccolo angolo di mondo, ne venne fuori. Attraversò la siepe sul lato opposto. Iniziò a perdersi nella sterpaglia”
Ecco Clara, ripresa qui nei suoi ultimi istanti di vita mentre si reca inconsapevolmente incontro alla morte.
Il romanzo parte dalla tragica scomparsa di Clara per costruire un romanzo crudele, brutale e feroce proprio come il titolo vuole suggerire.
Clara appartiene alla famiglia Salvemini notissima famiglia della provincia barese in ambito edilizio, arricchitasi anche tramiti “accordi” poco chiari.
La famiglia Salvemini è composta da Vittorio, imprenditore edile interessato solo ad un arricchirsi  spietato, la moglie Annamaria che pur di non perdere i privilegi che la ricchezza acquisita le ha portato, è disposta ad accettare anche le infedeltà del marito, la figlia Gioia, una ventiseienne viziata incapace di elaborare il lutto della sorella, il primogenito Ruggero, un famoso oncologo, che pur disprezzando il padre, non si astiene dal gestire i rapporti illeciti per conto di Vittorio; infine ci sono i due “outsider”, Clara, la magnetica, dal corpo mozzafiato, stupenda, che sebbene sposata, si concede facilmente ad altri uomini come se fosse sotto l’effetto di uno sfrenato desiderio di autopunirsi per scontare colpe imperdonabili e infine Michele, figlio illegittimo di Vittorio ma cresciuto dalla famiglia Salvemini, avendo perso la madre durante il parto.
Michele e Clara costituiscono un mondo a sé; i due fratellastri sono legati da un rapporto così morboso da rasentare l’incesto: Michele sin da bambino mostra gravi disagi psicologici ma Clara, a differenza degli altri membri della famiglia lo accoglierà sotto la sua ala protettrice.
A causa di varie vicissitudini vissute dal ragazzo, i due fratelli si separeranno, ma il legame che esiste fra di loro non si spezzerà mai, supererà i confini della vita perché
“I  parenti di sangue non si stancano di interrogarci. Depositano in noi la loro voce. È questa a parlare mentre loro sono assenti.” 
Sarà Michele di ritorno a Bari per la morte della sorella, da Roma, dove ormai vive, ad indagare  in maniera accanita sul mistero della sua scomparsa.
Mentre la sua famiglia nasconde il lutto dietro il silenzio, l’inconsistenza della sua routine quotidiana e le feste per ingraziarsi qualche potente, Michele si butta a capofitto nella ricerca delle persone che hanno fatto parte della vita di Clara, fino all’apparente  catarsi finale, apparente perché anche se sembra ci sia un lieto fine, ad un'analisi più attenta, è solo una pia illusione.
Questo è un libro che sono riuscita a digerire con molta fatica sia per il contenuto, sia per lo stile, poco scorrevole, con l’uso di frasi lunghe e metafore di non sempre facile comprensione (è stato necessario rileggere alcuni periodi più volte per coglierne un senso). Nonostante ciò, è un libro che mi è rimasto dentro:la spietatezza e la disumanità di alcuni dei personaggi è resa alla perfezione, sia grazie allo stile che al registro utilizzato.
Ho apprezzato soprattutto il “modus operandi” dello svolgimento della racconto: la vita di Clara è narrata da diversi punti di vista, alcune volte anche stessi avvenimenti e questo permette di vedere le varie sfaccettature della personalità della ragazza, la quale quasi a mò di fantasma percorre tutto il romanzo, e sembra  affiancare il lettore alitandogli quasi sul collo.
Stupende le descrizioni della vita animale e dei paesaggi naturali poste come contrapposizione oppure a volte come parallelismo alla vita degli “umani”.
Ciò che in assoluto traspare in tutta la storia, a partire già dalla copertina, è il senso di falsità, di crudeltà, di incapacità dei personaggi di andare al di là del ruolo che la vita gli ha affibbiato, la loro anaffettività (a parte i due “strani” della famiglia), la loro ferocia che fa perdere quel po’ di umano che avrebbero potuto avere e così almeno riscattarli in parte.
Infine, indimenticabile verso le ultime pagine della storia, la scena in cui la gattina di Michele, scomparsa dalla villa poco dopo il suo arrivo, è costretta a dimenticare in fretta la tenerezza della sua cattività per arrendersi ad uno stato selvaggio e primitivo che aveva insito dentro di sé… come i personaggi del romanzo che però della loro umanità non sono mai stati in grado di farne uso.

Con estrema precisione, gli artigli della gatta attraversarono diagonalmente gli occhi del roditore. Il topo si ribaltò su un fianco. Il felino gli fu addosso. Affondò i denti nella dura pelle del collo. Mentre lottava sapeva, sapeva e ricordava al tempo stesso. Il topo squittiva disperatamente. Nella gola della gatta gorgogliò qualcosa di denso e profondo. Aveva trovato la vena. Era eccitata, elettrica. Lo sentì dare l’ultimo sussulto sotto i raggi della luna.

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