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sabato 2 novembre 2019



Oggi voglio parlare di un libro o meglio di un “tomo”, che se avrete il coraggio e la tenacia di leggere fino in fondo può davvero influenzare il vostro modo di pensare e squarciare il “velo” subdolo che è nascosto dietro le nostre vite: “Pensieri lenti e veloci” di Daniel Kahneman, Premio Nobel per l’Economia.
Innanzitutto per gli esperti di marketing e comunicazione che si accingano a leggere quest’opera, è utile sapere che  Kahneman ha dedicato gran parte della propria vita professionale a studiare come gli esseri umani prendano  decisioni nelle situazioni di incertezza ed insieme al suo collega Tversky ha scoperto  che le nostre scelte non sono esclusivamente razionali, nemmeno quelle che pensiamo siano molto ponderate e ragionate, come quelle che prendiamo in merito alla nostra vita o ai nostri investimenti. E queste nozioni sono alla base del neuromarketing e della psicologia applicata al web.
I bias (distorsioni) e le euristiche (una sorta di scorciatoie mentali), insomma, giocano un ruolo fondamentale senza che ce ne rendiamo conto.

“Quelli che sanno di più sono poco più bravi a prevedere di quelli che sanno di meno. Ma quelli dotati delle conoscenze massime sono spesso i meno attendibili. Il motivo è che chi acquisisce più conoscenze sviluppa sempre di più l’illusione della propria abilità e diventa troppo sicuro di sé, staccandosi gradatamente dalla realtà.” (Le illusioni dei guru)

"È saggio prendere sul serio le ammissioni di incertezza, mentre quando qualcuno afferma di essere assolutamente sicuro del suo giudizio sappiamo solo che ha eleborato nella sua mente una storia coerente che non è assolutamente detto sia vera." (L’illusione di validità)  

Per mostrare come funziona il nostro ragionamento  Kahneman ci presenta due modalità di lavoro della nostra mente:

 ·        il Sistema 1, non è sotto il nostro controllo, è soggetto alle emozioni, intuitivo, impaziente, velocissimo, ed impulsivo; è capace di svolgere più compiti contemporaneamente ed è facilmente influenzabile;


·        il Sistema 2 invece è consapevole, razionale, metodico e cauto. Usa molte energie e non è in grado di controllare sapientemente  il sistema 1; è molto pigro e solo se opportunamente incentivato, può riuscire prendere il sopravvento su di esso, ma, quando ci sono di mezzo delle emozioni forti, è difficile scavalcarlo; allo stesso tempo, se il sistema 2 è già occupato in un altro processo, il sistema 1 detiene il potere; infine, purtroppo  non funziona bene sotto pressione.


Daniel Kahneman analizza nel dettaglio e contemporaneamente ci suggerisce dei trucchi per poter sfuggire, a vari bias cognitivi che non descriverò qui, per non rovinarvi la sorpresa nello scoprire, come è successo a me, quante volte siamo stati ingannati inconsapevolmente dalla nostra stessa mente: comodità cognitiva, effetto priming, effetto disponibilità, WYSIATI, anagramma per “Quello che vedi è tutto quello che c’è”, less is more, eventi rari, effetto framing, la saggezza della folla e tanti altri ancora che l’autore spiega con molti esempi ed esercizi esplicativi.
Molto interessante anche la sezione relativa alla gestione delle perdite e i guadagni e a come ci rapportiamo ad essi: l’evoluzione umana e i nostri stessi geni  ci portano ad essere molto più attenti ai rischi rispetto a quanto lo siamo per le opportunità. Questo perché la sensazione della perdita , prefigurata dal rischio, non ci piace per nulla.
Illuminante e, almeno per quanto riguarda me, spunto per riflessioni esistenziali, l’ultima parte riguardante la nostra vita, nel senso di cosa rende la nostra vita quella che è, le nostre esperienze o i nostri ricordi, o come li definisce Kahneman, il nostro “sé esperienziale” o il nostro “sé mnemonico”. Lo psicologo israeliano arriva ad affermare che i giudizi che noi diamo sulla nostra esistenza non si basano su una reale analisi del nostro vissuto nella sua interezza, quanto invece su una ristretta sezione di informazioni disponibili.

 “Confondere l'esperienza con il ricordo che se ne ha è un'inesorabile illusione cognitiva, ed è la sostituzione a farci credere che un'esperienza passata possa essere rovinata. Il sé esperienziale non ha voce. Il sé mnemonico a volte si sbaglia, ma è quello che segna i punti, gestisce quello che apprendiamo dalla vita e prende le decisioni. Dal passato in realtà impariamo a massimizzare le qualità dei nostri futuri ricordi, non necessariamente della nostra futura esperienza. Questa è la tirannia del sé mnemonico.” 

Fin qui ho dato dei piccoli assaggi di quest’opera imponente, ben quasi 700 pagine, ma il mio suggerimento è di non lasciarvi spaventare dalle sue dimensioni, ne avrete solo da guadagnare!


Chi è Daniel Kahneman (fonte Wikipedia)



(Tel Aviv5 marzo 1934) è uno psicologo israeliano, vincitore, insieme a Vernon Smith, del Premio Nobel per l'economia nel 2002 «per avere integrato risultati della ricerca psicologica nella scienza economica, specialmente in merito al giudizio umano e alla teoria delle decisioni in condizioni d'incertezza»Daniel Kahneman nasce in una famiglia ebraica trasferitasi in Francia nei primi anni '20 dalla Lituania. La città natale di Daniel nel 1934 è Tel Aviv (allora sotto il Mandato britannico della Palestina), dove la madre si era recata in visita presso parenti, ma egli trascorre tutti i suoi anni di infanzia a Parigi. Con l'occupazione nazista della Francia del 1940, Kahneman vive la difficile esperienza dei bambini dell'Olocausto. Il padre è arrestato nel primo grande rastrellamento degli ebrei francesi e rinchiuso nel campo di internamento di Drancy, ma è rilasciato dopo sei settimane per l'intervento del suo datore di lavoro. La famiglia rimane costantemente in fuga e clandestinità per il resto della guerra, riuscendo a sopravvivere intatta, se non per la morte del padre per il diabete nel 1944. Kahneman e la sua famiglia si trasferiscono quindi nel Mandato britannico della Palestina nel 1948, poco prima della creazione dello Stato di Israele.[2]


Professore all'Università di Princeton, Kahneman è uno dei fondatori della finanza comportamentale. Nella comunità scientifica è noto per essere il secondo psicologo – dopo Herbert Simon, nel 1978 – ad aver ottenuto il Premio Nobel in economia. Le ricerche di Daniel Kahneman permisero di applicare la ricerca scientifica nell'ambito della psicologia cognitiva alla comprensione delle decisioni economiche. Collaborò per anni con Amos Tversky, dimostrando tramite esperimenti come i processi decisionali umani violino sistematicamente alcuni principi di razionalità, mentre le teorie microeconomiche assumono che il comportamento degli agenti decisionali dovrebbe essere razionale e finalizzato ad una massimizzazione dell'utilità.





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