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venerdì 25 dicembre 2015




Ciao a tutti!

Oggi dopo una grande abbuffata eccomi qui a proporvi un saggio molto interessante su un argomento affascinante: "Lo scienziato e l'infinito".

L'infinito: terrorizzante nella sua vastità senza fine per alcuni, di un fascino ipnotico ed esaltante per altri. In questo saggio l'autore ripercorre il concetto di infinito partendo dai Greci con la loro paura irrazionale e terrificante fino al rifiuto, soffermandosi poi su uomini come Giordano Bruno e George Cantor che invece lo avevano studiato appassionatamente per dargli una sua realtà e che hanno pagato l'uno con la vita, l'altro con la progressiva follia il loro coraggio. Trinh Xuan Thuan dà un' occhiata anche all'infinito nell'arte e nella letteratura descrivendo geni come Escher e Borges e l'arte islamica con la sua peculiare espressione del senso di infinito. Infine viene analizzato l'infinito nella cosmologia che con le sue affascinanti elucubrazioni non può non porre problemi che sfociano nel campo della filosofia, sociologia e teologia. Il tutto è descritto in maniera estremamente scorrevole e accattivante persino per chi è a digiuno di concetti scientifici e matematici. Un viaggio stupendo che ripercorrerei volentieri altre innumerevoli volte. "L'infinito assume sembianze molteplici e diverse. Sta a ognuno di noi scegliere quella che preferisce. Come ha osservato giustamente George Cantor “Per quanto la natura umana sia limitata – e lo è davvero – essa ha moltissimi punti di contatto con l’infinito”.

Buon Natale!

domenica 20 dicembre 2015






Ciao a tutti!
Oggi vi propongo un libro che ho trovato molto tenero: "Voglio vivere una volta sola".
”Mi chiamo Violette, non sono mai nata, ma desiderata da tutti.”
Voglio vivere una volta sola” è la storia delicata di una bambina mai venuta al mondo eppure viva nei desideri dei membri della sua famiglia: mamma, papà e i due fratelli Jean e Augustin.
Vive e cresce insieme a loro, carpisce i segreti dei loro cuori e li conforta quando sono tristi.
Come un angelo custode veglia su di loro con tutta la freschezza e la giovialità di una bambina reale.
La storia ha come voce narrante proprio la bambina ed è soprattutto questo punto di vista inconsueto a regalarle un suo particolare fascino unito alla piacevolezza di uno stile semplice e lineare tipico dei bambini.
”Smetterò di esistere quando l’ultimo di loro smetterà di pensarmi.
Quando si saranno definitivamente dimenticati di me, io non ci sarò più. Credo che andrà così.
Me lo sono detto sempre, ma quel momento è lontano. E chi lo dice che quando uno non c’è più smette di pensarti? Chi lo dice?”
Alla prossima!
 

domenica 13 dicembre 2015



Ciao a tutti! Oggi vi parlo non di un romanzo ma di un saggio molto interessante e per niente "mattone": "Una coscienza. Confessioni di uno scienziato romantico".
Questo libro non è solo un saggio su cosa sia la coscienza, è anche un “memoir” dell’autore perché ”Il sottoscritto non è solamente un fisico e un biologo calcolatore, ma è anche un essere umano, che solo da qualche anno cerca di dare un senso alla propria vita.” 
Christof Koch ha collaborato per tanti anni insieme a Francis Crick, che ricorda nel libro con profondo affetto e nostalgia, per studiare e svelare questo grande enigma che è la coscienza: perché abbiamo la sensazione delle nostre esperienze? Che utilità ha la coscienza nell’evoluzione dell’uomo?Il libero arbitrio cos’è? Che rapporto c’è tra mente e cervello? E l’inconscio come impatta le nostre vite?
Sono tutte domande su cui l’autore rifletterà nei vari capitoli descrivendo esperimenti e studi condotti sull’uomo e sugli animali ed ogni tanto soffermandosi pensosamente, come un amico che vuole confidarsi, su alcune vicende della propria vita rilette alla luce delle sue ricerche.
” Ho provato sulla mia pelle ciò che lo scrittore Haruki Murakami descrive in un’intervista sorprendente: Dentro di noi ci sono delle stanze, molte delle quali ancora non le abbiamo visitate. Stanze dimenticate. E capita ogni tanto che scopriamo un passaggio. Troviamo oggetti strani… vecchi fonografi, fotografie, libri… di nostra proprietà, eppure li scopriamo per la prima volta.
Alla prossima!
 

giovedì 10 dicembre 2015

La città dei libri



                         





Portland, una città di all’incirca 500.000 abitanti negli Stati Uniti, in Oregon, si può definire sicuramente il “Paradiso dei lettori".
Cosa avrà mai di così speciale e appetibile? La Powell’s Bookshop, la più grande catena di librerie indipendenti al mondo. Vi pare poco una libreria di quattro piani grande quanto un intero isolato? Al suo interno è dotata di una segnaletica ad hoc e di mappe  offerte ai 10.000 visitatori giornalieri per evitare di perdersi.  Vi lavorano 200 dipendenti e con i suoi quattro piani offre un milione di titoli. Il suo successo è dovuto non solo alla passione per la lettura dei suoi abitanti ma anche ad una trovata  molto intelligente: ogni settimana vengono acquistati 35.000 libri usati e la copia a basso costo viene posta accanto al libro nuovo lasciando piena libertà al cliente su quale delle due desidera acquistare.
L’idea ha avuto così tanto successo, che i responsabili hanno deciso di aprire diverse succursali specializzate, tra le quali una interamente dedicata ai libri di ricette.


Ecco qui sotto il video di una "passeggiata" nella libreria. 






Buon divertimento e alla prossima con una recensione o altre allettanti notizie!

domenica 6 dicembre 2015




Ciao a tutti! Oggi vi presento un libro molto bello e toccante “Ciò che inferno non è” di Alessandro d’Avenia.
E’ l’estate del 1993. La scuola è finita e Federico un ragazzo di diciassette anni della “Palermo bene”, sta finalmente pensando con sollievo alla vacanza-studio che i suoi genitori gli stanno organizzando per l’ Inghilterra. Un giorno incontra il suo professore di religione, don Pino Puglisi, che lo invita a dargli una mano con i bambini dell’oratorio prima della sua partenza.
Entra all’inizio timoroso e prevenuto nel famigerato quartiere Brancaccio. Senza rendersene conto, però, imparerà man mano a saggiare il “cuore” dei bambini , a guardare oltre i loro modi rudi. Metterà in discussione tutte le certezze che lo avevano sostenuto fino ad allora fino a rinunciare alla vacanza in Inghilterra e a dedicarsi con sempre maggiore passione alla nuova esperienza, contravvenendo alle regole dei genitori e anche di alcuni individui del quartiere che non vedono di buon occhio la sua presenza e l’aiuto che sta dando a don Pino.
Conoscerà anche l’amore e per amore metterà a repentaglio la sua vita che sente di appartenere a quei bambini feriti nella loro infanzia e a don Pino Puglisi che sarà per lui un esempio di rettitudine e sacrificio fatto con amore.
In questo libro Alessandro D’Avenia fa trapelare un amore assoluto verso la sua città ma soprattutto un affetto e delicatezza unici verso la figura di don Pino Puglisi, il cui sorriso nemmeno nel momento della morte sono riusciti a spegnere.
”Chi amava questo quartiere e questa città come don Pino? Non aveva perimetro il suo cuore, abbracciava ogni persona che aveva incontrato e trasformato.[…] Togli l’amore e avrai l’inferno, mi dicevi, don Pino. Metti l’amore e avrai ciò che inferno non è.”
 
 

domenica 29 novembre 2015



Ciao a tutti! Buona domenica! Oggi voglio parlarvi di un libro delicato e commovente “Come un fiore ribelle” che racconta la storia di un legame indissolubile: quello tra una madre e un figlio.William è stato lasciato dalla madre cinque anni prima in un’orfanotrofio, dove oltre la severità e durezza d'animo delle suore, trova calore nell’amicizia con due “orfani” come lui: Sunny, un piccolo indiano e Charlotte, una ragazzina cieca di origine irlandese.
William conserva come una reliquia l’immagine di quella che ritiene essere sua madre, una foto di giornale che ritrae una star del cinema; Willow Frost.
Un giorno insieme alla sua amica Charlotte, decide di scappare e di ritrovare sua madre.
La fuga dura solo l’arco della giornata, ma l’ incontro con Willow Frost riesce ad avvenire lo stesso.
Da allora ci sarà un susseguirsi veloce di avvenimenti che colpiranno dritto al cuore del dodicenne William; rivelazioni che squarceranno ombre nei suoi ricordi e decideranno del suo futuro.
Con uno stile scorrevole e coinvolgente, Jamie Ford racconta una straziante storia d’amore incondizionato tra una madre e un figlio che travalica ogni crudeltà di cui è capace il genere umano.
William ripescò la vecchia foto di sua madre con gli angoli arricciati, quella che si portava dietro come una sacra reliquia. Prese la pagina sporca, malandata e sbiadita e il giornale che gli aveva dato Sunny, e uscì nell’oscurità incipiente della sera. […] scavò un buco con le mani. La terra era fredda e umida e odorava di foglie marce. Quando il buco fu abbastanza largo e profondo, William depositò sul fondo le immagini della madre. Guardò il sorriso hollywoodiano per un ultimo momento e poi coprì il suo viso affascinante,[…] fino a riempire il buco. Desiderò poter fare la stessa cosa con il vuoto che aveva nel cuore. Mentre lisciava il terreno sulla tomba improvvisata di sua madre disse “Ti perdono”. Poi torno al dormitorio, si infilò sotto le coperte ancora vestito e con le mani sporche di terra, e seppellì la testa sotto il cuscino.





 
Note sull'autore:





Jamie Ford è cresciuto presso il quartiere cinese di Settle e discende da uno dei pionieri delle miniere del Nevada, il bisnonno Min Chung, emigrato nel 1865 dalla Cina a San Francisco, il primo della famiglia ad assumere il nome Ford. Autore di racconti pluripremiati, vive nel Montana con la moglie e i figli.

Il suo romanzo Il gusto proibito dello zenzero è stato tradotto in 17 lingue. Fa parte della Squaw Valley Community of Writers. 

domenica 22 novembre 2015




Ciao a tutti! Eccomi di nuovo dopo quasi un mese (mannaggia, come passa il tempo)!Oggi vorrei suggerirvi un piccolo libro (avrà meno di 150 pagine e l’ho letto in pochissime ore) che, nonostante le sue dimensioni porta con sé un messaggio potente sulla vita e la ricerca della felicità: “Le cose che non ho”.
Lessenza di questo breve romanzo è tutta racchiusa nel titolo: le cose che non ha la protagonista diventano un pensiero costante dopo che un’enorme vincita alla lotteria le renderebbe realizzabili.
Jo è una tranquilla donna, proprietaria di una merceria in un piccolo paese di provincia, moglie e madre, con un corpo appesantito da qualche chilo di troppo che, però nonostante tutto lei adora. Un giorno con due sue amiche gioca dei numeri al lotto. Qualche giorno dopo scopre di aver vinto almeno diciotto milioni di euro. Il pensiero della vincita invece di entusiasmarla diventa un tarlo che l’assilla giorno e notte e si chiede ossessivamente se tutto quello che ha sempre sognato di possedere e che fino ad allora non avrebbe potuto permettersi, è veramente necessario e la renderebbe felice. Quella vincita diventerà una delle sue più grandi rovine e senza volerlo, cambierà la sua vita per sempre.
 
 



Note sull’autore (tratto da Note sull'autore (da http://www.treccani.it/enciclopedia/gregoire-delacourt/):
 
 



Delacourt, Grégoire. - Pubblicitario e scrittore francese (n. Valenciennes 1960). Interrotti gli studi di Diritto, ha iniziato a lavorare nel campo pubblicitario come copywriter nel 1982, ottenendo prestigiosi premi quali il Leone d'Oro al Festival della pubblicità di Cannes e fondando nel 2004 l’agenzia Quelle belle journée. Mutuato dalla scrittura pubblicitaria uno stile tagliente ed essenziale in cui ogni frase corrisponde a un’idea, ha esordito nel mondo letterario nel 2011 con L’écrivain de la famille, romanzo dalle sfumature autobiografiche acclamato dalla critica e dal pubblico, con il quale si è aggiudicato nello stesso anno i premi Marcel Pagnol, Rive Gauche e Cœur de France; tale successo è stato confermato dai successivi La Liste de mes envies  (2012; trad. it. Le cose che non ho, 2013) e La première chose qu'on regarde (2013; trad. it. 2014); Une pimprenelle (2013; trad. it. 2014).
 
 

lunedì 26 ottobre 2015




Ciao a tutti! Oggi vorrei suggerirvi un libro poetico, che ha il sapore della speranza misto a quello amaro dello svanire di ogni sogno e di ogni volontà di sostituirli con altri, un racconto collettivo dotato di un’intensità straziante “Venivamo tutte per mare” di Julie Otsuka.
Già dal titolo il lettore riesce ad immaginare questa folla di donne, per la maggior parte bambine, che dopo aver abbandonato la madrepatria, speranzose in una vita migliore, stringono a sé come amuleti le fotografie dei futuri mariti che vedranno per la prima volta negli Stati Uniti."Sulla nave, per prima cosa, prima di decidere chi ci piaceva e chi no, prima di raccontarci a vicenda da quale isola venivamo e perché eravamo partite, e anche prima di impegnarci a imparare i nomi delle altre, confrontammo le fotografie dei nostri mariti [...] Sulla nave ci chiedevamo spesso: ci piaceranno? Li ameremo? Li riconosceremo dalle foto, quando li vedremo per la prima volta sul molo?"
Sebbene il racconto non si focalizzi su nessuna storia in particolare, si avverte con forza lo straordinario coraggio, spirito di sacrificio e disperazione che hanno animato ciascuna di loro.
La discriminazione verso i giapponesi e la successiva deportazione durante la seconda guerra mondiale, raccontata a mò di delicate pennellate, sembrerebbe rappresentare una storia a sé, ma in realtà segna l’ennesima amara disillusione che le donne emigranti giapponesi hanno dovuto subire.
Una storia corale intensa e commovente raccontata con struggente affetto e delicatezza.
 






Note sull’autore (tratto dal sito della Boringhieri):
 
 











Julie Otsuka è nata in California. Si è laureata in Belle Arti alla Yale University e ha conseguito un Master of Fine Arts alla Columbia University. È anche pittrice. Oggi vive e lavora a New York. Il suo primo romanzo, When the Emperor Was Divine (2002), dopo aver scalato le classifiche con duecentosessantamila copie vendute negli Stati Uniti, è considerato un classico contemporaneo: con questo libro, unanimamente giudicato dalla critica un capolavoro, Julie Otsuka ha vinto l’Asian American Literary Award, l’American Library Association Alex Award e una Guggenheim Fellowship.






sabato 17 ottobre 2015




Ciao a tutti! Eccomi qui con un libro tutto al femminile raccontato da uno scrittore dotato di una rara sensibilità : Ugo Riccarelli con L'amore graffia il mondo.
Signorina è la figlia di un capostazione di un piccolo paese di provincia.
Un giorno, da bambina, un uomo sceso da un treno, con gli occhi a mandorla, le fa un dono : un vestitino fatto completamente di carta per la sua bambola.
Affascinata dalla magia che quell’uomo aveva creato davanti ai suoi occhi si diletta anche lei a dare nuove forme alla carta fino a quando diventata una ragazzina, viene presa come apprendista nell’atelier di una famosa maestra di sartoria del suo paese che aveva conosciuto grandi stilisti come Chanel. Colpita dall' estrema bravura della ragazza, la maestra allo scoppio della seconda guerra mondiale, dopo aver deciso di chiudere l’atelier, le regala due dei suoi famosi quaderni zeppi di preziosi suggerimenti, che teneva al sicuro in un cassetto.
Il sogno di Signorina diventa quello di creare un atelier in cui lei possa dare sfogo alla sua creatività ma la guerra, il matrimonio e la successiva nascita di un figlio cagionevole di salute la costringono a soffocare le sue più recondite aspirazioni e a rinunciare a parti di se stessa.
Riccarelli, con una sensibilità estrema racconta la storia di questa donna ferita nel suo intimo dalle circostanze della vita, sanguinante, ma mai perdente.
”Lei lasciò che le palpebre si chiudessero e ancora scivolò nel buio, dove le parve di vedere l’immagine del suo cuore logoro, mezzo strappato. Lo osservò con attenzione e vide che gli strappi si sarebbero potuti riparare facilmente con un filo forte e qualche punto dato bene, ma proprio mentre si avvicinava per rammendarlo si rese conto che era pieno di tutto quello che lei aveva cercato di salvare con l’amore, finendo per tradire la magia dell’omino con gli occhi a mandorla e il regalo della Mei. Allora il dolore che le pesava sul petto si fece ancora più prepotente, quasi la volesse afferrare dietro il collo e obbligarla a guardare da vicino quelle ferite, e spiegarle quanto l’amore le avesse fatto male, quanto le fosse costato allontanare da sé il piacere di creare l’eleganza con le sue mani, di essere libera di disegnare il mondo con la sua arte, senza doverla sacrificare a nessuno e a niente, ma essere soltanto una bambina felice di piegare un pezzo di stoffa per ricavarne bellezza.”
Nella figura di Signorina c’è la personificazione di un'intera massa di donne, che per amore, ogni giorno, porta avanti con dignità e sacrificio la propria vita e che nonostante abbia fatto tacere la parte più profonda e vera di se stessa, non permette ai colpi duri della vita di annientarla.
 
 
 




Note sull'autore (tratto daWikipedia):








Nato a Cirié, in provincia di Torino, nel 1954, figlio di genitori di origini toscane, e fin da bambino ha cominciato a soffrire di problemi polmonari; ha frequentato la Facoltà di Filosofia presso l'Università degli Studi di Torino.
Sempre a Cirié ha vissuto le sue prime esperienze di lavoro prima nella Biblioteca Civica e poi nell'Ufficio di Collocamento.
Nel 1979 si è sposato la prima volta e da questo matrimonio ha avuto una figlia, nata nel 1985.
Nel 1986, per cercare un clima più favorevole alle sue condizioni di salute, si è trasferito a Pisa dove ha lavorato presso l'azienda dei telefoni di stato, presso la Biblioteca comunale e infine nell'Ufficio stampa del Comune di Pisa.
Nel 1990 si è sottoposto in Inghilterra ad un doppio trapianto di cuore e polmoni che ha segnato fortemente tutta la sua vita.
Ritornato a Pisa dall'Inghilterra, dopo qualche tempo si è separato dalla moglie ed ha cominciato, con la figlia, a far parte di un nuovo nucleo familiare che ha positivamente inciso, in quanto sprone e sostegno, sulla sua produzione letteraria.
Nel 1995, su incoraggiamento di Antonio Tabucchi, ha pubblicato il suo primo romanzo, "Le scarpe appese al cuore", nato dall'esperienza del trapianto.
Nel 1998 ha vinto il Premio "Selezione Campiello" con il romanzo "Un uomo che forse si chiamava Schulz".
Trasferitosi nella capitale, dal 2002 ha lavorato presso il Comune di Roma, prima nello staff del Sindaco Veltroni e dal 2008 all'Assessorato alla Cultura dove ha curato i rapporti con l'Associazione Teatro di Roma.
Nel 2003 si è sposato con Roberta, sua compagna da quattro anni e con la quale è vissuto fino alla fine.
Nel 2004 ha vinto il Premio Strega con "Il dolore perfetto".
È morto il 21 luglio 2013 all'età di 58 anni a Roma dove viveva con la moglie.
Il 7 settembre 2013, poco dopo la sua morte, ha vinto il Premio Campiello con L'amore graffia il mondo che, per la prima volta nella storia del concorso, gli viene assegnato postumo[1].
È stato anche autore di testi teatrali e di spettacoli radiofonici e alcuni suoi racconti sono stati letti in radio.
Ha collaborato con la RAI, con diverse testate giornalistiche e riviste tra le quali La RepubblicaIl Sole 24 OreDiarioGraziaIl TirrenoIl Corriere della Sera. I suoi libri sono tradotti in francese, spagnolo, inglese, tedesco, olandese, albanese, lituano, ebraico, coreano, greco e pubblicati in numerosi paesi.
Nel 2014 è stata costituita l'Associazione Ugo Riccarelli (www.associazioneugoriccarelli.it), con la finalità di ricordare Riccarelli sia per le sue opere sia per il suo grande impegno per la promozione della cultura.
 
 

domenica 20 settembre 2015





Ciao a tutti!
Oggi vorrei parlare di un libro che mi è piaciuto tantissimo e prima di leggerlo non pensavo mi avrebbe catturato così tanto nonostante il suo stile insolito: "La vita davanti a sè".
 
Momò è un ragazzino musulmano, figlio di una prostituta che viene cresciuto insieme ad altri bambini nella sua stessa condizione da Madame Rose, un’ ex prostituta ebrea.
 
E’ una storia di derelitti, emarginati dalla società che si barcamenano alla bell’e meglio, raccontata dal punto di vista di Momò, con uno stile gergale e a volte sgrammaticato che le dà una sfumatura più intensa e intima : come dimenticare Hamil, il vecchio musulmano quasi cieco che tiene stretto a sé “I miserabili” di Victor Hugo come se fosse il Corano; Madame Lola , il transessuale senegalese che fa da mamma a Momò quando Madame Rose si ammala oppure i fratelli Waloumba e i loro bizzarri metodi usati per farla guarire.
E’ soprattutto, però, una storia di profondo affetto tra una donna anziana e un bambino, che nelle ultime pagine raggiungerà i toni più teneri e strazianti .
”Io penso che avesse ragione il signor Hamil quando ci aveva ancora tutta la testa e che non si puo’ vivere senza nessuno da amare,[…]. Io ho amato Madame Rose e continuerò a vederla”.
Questa è una storia che ti entra dentro e non ti lascia per giorni.
 
 
Note sull'autore (tratte da Wikipedia):




Nato a Vilnius in Lituania, figlio di Arieh Leib Kacew e di Mina Owczyńska, Romain Gary arrivò in Francia, a Nizza, all'età di 13 anni. Dopo avere studiato giurisprudenza a Parigi, si arruola nell'aviazione e raggiunge la "Francia libera" (l'organizzazione di resistenza fondata da Charles De Gaulle) nel 1940 e vi presta servizio nelle Forces aériennes françaises libres. Termina la guerra come "compagnon de la Libération" e decorato con la Legion d'onore. Dopo la fine delle ostilità, intraprende una carriera di diplomatico al servizio della Francia. A questo titolo, soggiorna a lungo a Los Angeles (California), negli anni cinquanta, in qualità di Console generale di Francia.
Fu il marito della scrittrice Lesley Blanch e dell'attrice americana Jean Seberg, dalla quale divorziò. Poco più di un anno dopo il suicidio di questa (settembre 1979, per ingestione di barbiturici), profondamente travagliato dalla decrepitezza legata al proprio invecchiamento, si diede la morte sparandosi in bocca.
Dopo la sua morte si scoprì che, sotto lo pseudonimo di Émile Ajar, era l'autore di quattro romanzi la cui paternità era stata attribuita ad un suo parente, Paul Pavlovitch, il quale aveva sostenuto il ruolo di Ajar di fronte alla stampa e all'opinione pubblica.
 



venerdì 11 settembre 2015



Ciao a tutti! E' passato almeno un mese dall'ultimo post. Ora terminate le vacanze e di ritorno tutti alla nostra routine quotidiana, vorrei suggerire un libro particolare che esce dai soliti schemi, un libro "psichedelico", che potrebbe sembrare di difficile lettura, ma se ci si lascia andare e lo si legge senza pregiudizi non si può fare altro che amarlo: "Il mio nome è Emily, come Emily Dickinson", di Angela Botta.
Una donna è rinchiusa da quando è nata in una stanza, nessuno l’ha mai toccata, nessuno l’ha mai vista tranne le presenze che la vengono a trovare durante i suoi sogni, “forse per questo era così bella, perché non aveva mai vissuto”. Coloro che l’hanno creata, l’hanno privata delle sue ali, “errore genetico di chi l’aveva progettata o semplicemente una risposta della vita alle torture del suo stato futuro”?
Prigioniera in una stanza che raccoglie solo l’eco delle sue sofferenze e le restituisce immagini terrificanti e allucinazioni di personaggi morbosi e inquietanti, giocattolo dei Creatori che la mantengono in vita solo come fabbricante di storie per il mondo di là fuori, sente di star perdendo la ragione e decide di morire nella sua solitudine, conscia che nessuno la ricorderà mai.
Un giorno però la sua vita subisce un cambiamento: si materializza davanti a lei, proveniente da chissà dove, un bambino su una mongolfiera, con la voce profonda e saggia da uomo e la porta via con sé, alla scoperta del mondo di là fuori e alla ricerca dei Creatori.
Sarà per lei un’esperienza iniziatica illuminante e dolorosa che la porterà a ricevere rivelazioni sconcertanti su se stessa e sul mondo.
Questo è un libro non per tutti, da leggere e rileggere più volte per comprenderlo e goderlo appieno.
 
La scrittura poetica e soave non risulta mai autocelebrativa ma molto godibile, capace con la sua “musicalità” di ipnotizzare il lettore e catapultarlo in un mondo pieno di simbolismi , interpretabili secondo l’influenza che ciascuna parola può avere sul suo inconscio.
 


Note biografiche dell'autrice(dal link:ilmiolibro.it):


Angela Botta nasce a Roma nel 1962, ha studiato pittura all’Accademia di Belle Arti di Roma, e canto jazz presso la Scuola Popolare di Musica di Testaccio. La poesia, la musica, la pittura e la scrittura hanno sempre fatto parte di lei, fondendosi in un’espressione globale del suo mondo interiore che non pone barriere tra linguaggi e stili. La sua speranza è che l’arte possa incidere come la lama di un chirurgo il tessuto sociale, per estirpare, o almeno scalfirne, la parte malata. Ed esprimere infine, quello che da sempre è la bellezza nascosta, ma anche la parte “nera”, di ogni essere umano.