domenica 14 gennaio 2024

 


Ciao a tutti, oggi vi parlo del romanzo “La destinazione” di Serena Penni edito da “Il ramo e la foglia edizioni”, un romanzo che mi ha colpito molto per le corde intime che riesce a toccare.

I protagonisti sono Carla, Paolo e Elizabeth, tutti e tre legati intimamente tra di loro da un quid che va oltre la mera presenza nella vita dell’altro.

Qui ciascuno di loro si racconta finalmente senza filtri, in un monologo accorato che è anche una disperata richiesta di aiuto.

Carla, compagna di Paolo, narra il suo rapporto d’amore malsano e disperato. Vittima di una dipendenza affettiva di cui è cosciente, non riesce a distaccarsene se non quando la sofferenza raggiunge il suo apice e la consapevolezza di non essere amata avrà conseguenze amare nella sua vita.

“La normalità, oggi, più che rassicurarmi, mi spaventa. Mi pare vacua, insipida. Però questa sono io, non posso farci nulla. Non sono portata per gli eccessi, per le stravaganze. Cerco di accettarmi così come sono, provo ad amarmi, ad apprezzare i miei nascondigli, le mie vie di fuga, i miei punti di ristoro interiore. Le mie tisane al finocchio e liquirizia, le letture notturne, le sciarpe calde e colorate. Con te era tutto speciale, tutto eccezionale, tutto sempre sopra le righe. Con te era tutto distorto, tutto malato. Anche se fatico ad ammetterlo, adesso che sono sola la mia sana normalità ha un sentore di mediocrità, vago eppure inconfondibile, inequivocabile. Dove sei? Ti cerco tra i fogli, tra i libri, nei cassetti, dietro lo specchio. Mi domando quanto ci metterà la mia anima a digerire la tua assenza.

 

Poi è Paolo a narrarsi e a mettersi a nudo. Segnato dalla morte della mamma per mano del padre quando aveva quattro anni e cresciuto dal nonno materno che non ha mai voluto parlargli della sua famiglia e in particolare della madre, cresce anafettivo e incapace di dedicarsi all’altro, di entrare nel suo mondo, perso com’è nei meandri del suo dolore che col tempo invece di essere incanalato in energie positive ha raggiunto livelli parossistici, inducendolo anche ad azioni autodistruttive.

L’unica luce in fondo al tunnel sembra essere Elizabeth, una donna infelicemente sposata, che incontra in un locale un giorno che è a pranzo da solo. Gli ricorda sua madre e con lei sembrerà instaurarsi un amore sincero ma i propri demoni non tarderanno a manifestarsi e la figura della madre distesa a terra in una pozza di sangue riprenderà ad ossessionarlo.

“Ma come spiegare tutto questo a mio nonno?Come fargli capire che quelli che lui chiama i miei sbalzi d’umore in realtà non sono altro che continui, logoranti ripensamenti, un inarrestabile, ineludibile tornare ancora e ancora sui miei passi?”

Ed infine è Elizabeth che prende la parola, racconta se stessa come non ha mai fatto con nessuno, confessa di sentire la mancanza di Paolo, ma in una lunga riflessione su se stessa, è conscia che i loro demoni non possono calmarsi con il loro amore ma sono destinati a portare loro incomprensioni e abissale tormento.

Mi manchi, Paolo. [...] Ti ho cacciato, sei sparito e la mia vita è tornata a essere quella di prima.[...Mi dispiace non averti capito e non averti saputo aiutare. All’inizio era tutto perfetto, poi, giorno dopo giorno, ti ho visto staccarti dalla realtà, perdere il lume della ragione. Sono rimasta a guardare, spettatrice  impotente, e sorpresa infine sono scappata.”

Questo è un romanzo intimistico che con una maestria davvero lodevole nel sondare l’animo umano, Serena Penni ci restituisce per farci analizzare il nostro attraverso le vicende dei protagonisti.

Lo stile scorrevole e delicato ci permette di immergerci e perderci nelle profondità dei personaggi; personaggi che si mostrano in tutta la loro solitudine e sembrano quasi senza pelle.

Tre identità che come monadi, hanno fatto la loro apparizione nella vità dell’altro senza purtroppo riuscire a toccarne l’essenza e poter portare così pace interiore.

Sono narrati tre dolori vissuti in totale isolamento psicologico e per questo ancora più laceranti, perchè non sempre si trova salvezza solo facendo affidamento su se stessi, ma in quanto animali sociali, siamo assetati di trovare conforto nel prossimo.

Serena Penni con quest’opera ci permette di riflettere sulle interazioni umane diventate molto più complesse in questi ultimi tempi in cui accogliere l’altro è considerato più che altro una debolezza e una perdita di tempo; dove il solipsismo è diventanto uno stile di vita e dove di conseguenza i rapporti umani di solito sono attraversati da un costante senso di inquietudine e angoscia.