domenica 29 agosto 2021

 


“ È buio e diluvia quando Silvana Guerrini tira giù la serranda del suo negozietto di paralumi nel centro di Siena; fa freddo sebbene sia aprile, e ancora diluvia quando sale sull’autobus per tornare nella periferia dove abita; continua a diluviare mentre lei, inzuppata e stanca, arranca per le scale del suo condominio, e scuotendo l’ombrello che gocciola apre la porta di casa. Una vicina si affaccia sul pianerottolo, “Il postino ha lasciato una raccomandata per te, ho firmato io la ricevuta”. Le porge una busta cincischiata, con indirizzi diversi cancellati e riscritti, deve aver girato parecchio, pensa Silvana prendendola, sarà una grana, non ha voglia di aprirla infreddolita com’è, e l’appoggia sul tavolinetto dell’ingresso.[...]La busta contiene una risma di fogli scritti a mano e due biglietti. Tira fuori il primo. “Cara Signora, la Signora Annibaldi mi ha detto di mandarvi queste cose sue. Tanti saluti. Saponaro Filomena.”[...]Con un gesto automatico prende l’altro biglietto, ci butta un’occhiata: una data incompleta, 16 giugno, una sola frase, “Non mi dimenticare” e una firma: Clara.”

Inizia così “Le rovinose” di Concetta D'Angeli, e sia il titolo sia l’incipit animano nel lettore subito, anche senza conoscere i dettagli della storia, sentimenti di ferite e dolori mai né rimarginati, né accantonati.

Le rovinose” è il racconto dell’amicizia di due ragazze Silvana e Clara nella Toscana degli anni ’70 e la sua narrazione le accompagna sin verso la fine degli anni ’80 intrecciando la loro vita privata  con le vicende che hanno insanguinato l’Italia degli anni di piombo.

La storia delle due ragazze si divide in tre parti: nella prima sono raccolti i ricordi rievocati nella mente di Silvana dopo aver ricevuto il misterioso plico e raccontati in prima persona in un unico flusso torrenziale come se fossero rimasti intrappolati dentro di sé troppo a lungo e urgessero la fuga; nella seconda è la stessa autrice a narrare alcune vicende dei due personaggi, una “parentesi metanarrativa” come la definisce lei stessa e infine la terza parte è il diario di Clara, grazie al quale vengono date spiegazioni ad alcuni ricordi di Silvana, rimasti dolorosamente sospesi e inspiegati, chiudendo una sorta di cerchio e dando così un senso alle loro vite che lo stesso titolo anticipa e marchia con partecipe tristezza.

Silvana conosce Clara all’Università quando ha necessità di alcune traduzioni dal russo per un lavoro da consegnare ad un professore. L’amicizia all’inizio sembra essere una di quelle che poi sfumano quando si viene presi dalla routine quotidiana, invece col tempo il rapporto diventa sempre più saldo, eppure le due ragazze non possono essere più diverse:

Biondina, occhi chiari lineamenti affilati, bassetta, magra, sempre vestita di colori scuri, pantaloni sbrendoli, maglioni informi: malinconica e silenziosa, senese doc, Silvana viveva in famiglia, padre invalido, madre incapace; era ambiziosa, puntava al successo professionale e all’ascesa sociale, voleva diventare ricca.

[...] Clara Bellami invece capelli mori, lunghissimi, occhi viola, forme prorompenti inguainate dentro minigonne colorate, braccia collo dita ricoperte di bigiotteria chiassosa, era estroversa, generosa, divertente. Veniva da Sassetta, provincia di Livorno, zona agricola, produzione di vino e castagne. Portata per le lingue (“E’ naturale, la tu’ mamma era russa” le ripeteva la tata Cesira) sarebbe diventata interprete, traduttrice, avrebbe girato il mondo, o chissà? Era irrequieta, costante, scontenta”.

Sono sì, diverse, ma accomunate da un tormento interiore e autodistruttivo che ciascuna esterna a modo suo.

Silvana, è desiderosa di riscattarsi socialmente e contemporaneamente, resa inquieta e dipendente dal forte legame di amicizia con Clara, dovrà venire a patti con un’identità sessuale, che non potrà più ignorare, anche se ciò vorrà dire scontrarsi con una mentalità che addita con severità qualsiasi comportamento definito “anomalo” (lo è in parte ancora oggi purtroppo), mentre Clara, fuggita da Sassetta pur di non rimanere con un padre denigratore, dopo che anni prima la mamma, di origini russe era morta, è ogni giorno angosciata per un forte desiderio di essere dominata ed anela ad essere posseduta da un uomo violento e fustigatore che riesca a placare il marcio dentro di sé.

L’equilibrio sebbene instabile della loro amicizia, verrà rotto quando nella loro vita entra Lorenzo, un rampollo di una famiglia nobiliare, a cui lui stesso, cresciuto senza affetto e sostegno morale sente di non appartenere, infatti simpatizzerà presto per le idee violente delle Brigate Rosse senza però entrarne a far parte in maniera effettiva.

Entrambe le ragazze col tempo vedranno i loro desideri farsi realtà, ma come in un sogno che si trasforma presto in un incubo, sarà proprio il loro esaudimento a condurre ognuna delle due, mediante strade e modalità diverse verso un destino rovinoso.

Concetta D'Angeli con sapiente maestria riesce ad armonizzare nel romanzo temi importanti e diversi come la vita dello studente universitario, i rapporti con la famiglia d’origine, la crisi esistenziale causata dalla ricerca di un’identità sessuale, le dipendenze affettive e i rapporti d’amore malsani, tutto ciò unito alla brama di raggiungere un’emancipazione sociale a dispetto dei muri di gomma presenti in una società che all’epoca riduceva gli omosessuali a macchiette e guardava con estrema diffidenza ad una donna che desiderasse farsi strada in ambiti prettamente maschili.

L’autrice utilizza uno stile duttile che riesce a passare con facilità dalla simpatica cadenza toscana alla ruvidità dialettale del Sud, alternando con sapienza, senza che il lettore avverta con perplessità il passaggio netto, il flusso di coscienza con il racconto di vicende storiche e quello epistolare. Si nota una certa delicatezza nel narrare le storie di Silvana e Clara, è evidente l’affetto profondo che ha unito l’autrice ai suoi personaggi principali, ed è un affetto che con partecipe commozione riesce a trasmettere anche al lettore.

Nelle ultime pagine del romanzo è raccolta una lunga lista di stragi terroristiche e attentati di camorra e mafia avvenute durante il racconto delle vite di Silvana e Clara. Una lunghissima scia di sangue a partire dal 5 gennaio 1976 fino al 15 dicembre 1988 che lascia sgomento il lettore e fa in modo che dopo aver girato l’ultima pagina, lui non sia più la stessa persona che l’ha iniziato.

domenica 15 agosto 2021

 



Ciao a tutti, eccomi qui per presentarvi la seconda parte di una saga che vi ho fatto conoscere un pò di tempo fa: “Huntermoon – La profezia dei Vizerath” di Pablo Ayo.

Nel primo libro, “Huntermoon – L’inganno di Ogmareth” abbiamo fatto conoscenza con i personaggi principali, ora a questi ultimi si aggiungono altre figure speciali e importanti per la storia.

 In questa parte del romanzo, ritroviamo Gabriel sempre più deciso a scoprire come mai suo padre sia morto e lui sia stato accusato di alto tradimento da Re Albion; nel proseguio della storia, man mano che Gabriel diventerà più confidente del potere insito dentro di sè e dovrà barcamenarsi tra i diversi agguati dei Vizerath una volta giunto in Oriente, si faranno più rade le nebbie dell’intrigo fino ad uno sconvolgente episodio finale che lascio al lettore per non togliere nulla alla forza immaginifica trasmessa dalla maestria dell’autore.

Anche il suo Comandante Kalahad Harteneis rischia di rimanere invischiato in macchinazioni perverse ordite ai suoi danni da elementi all’interno del suo stesso gruppo di uomini ma ancora di più si lascia ammaliare dalla principessa dei Vizerath Aranya, che il popolo acclama come la “Fanciulla Pura” delle profezie, che lo salverà dall’Oloorna Karsha, un periodo di terrore in cui gli esseri umani sono ormai in balia di Orchi, Troll e Demoni non potendo più essere protetti dagli Dei.

Rivediamo e ci vengono presentati durante la storia, figure femminili che scoprono dentro di sè immensi poteri che potrebbero segnare anche la loro condanna a morte come streghe se solo venissero scoperte.

Ma tutti i personaggi principali hanno in comune il sentire affiorare a poco a poco dal lontano oblio della coscienza, ricordi fumosi ma molto evocativi di una vita passata come Dei Alasheers, che devono ogni cento anni abbandonarsi ad un sonno che li fa reincarnare in esseri umani per provare sentimenti a loro preclusi: l’Amore e la  Compassione.

Inframmezzati alle vicende degli umani, viene raccontata anche il dramma degli Dei che devono affrontare un pericolo mortale, “la caduta del cielo”.

In questa seconda parte, Pablo Ayo riesce con una sorprendente bravura a catapultare il lettore nella storia; adesso le descrizioni dei personaggi e delle battaglie sono dettagliate ancora con più efficacia ed unita ad un’analisi psicologica di tutti i protagonisti principali, si riesce maggiormente ad entrare in sintonia con le vicende che gli accadono e i loro sentimenti.

Non posso che consigliare la lettura anche di questa parte, mentre  rimango in attesa di una mia auspicata terza parte.