domenica 16 ottobre 2022

 


Ciao a tutti, oggi vi presento un altro romanzo edito da “Il ramo e la foglia edizioni”, “L’età della rovina” il romanzo d’esordio di Francesco Tronci.

Il romanzo è ambientato in un periodo di apparente grande fermento politico, in una società dove è in fibrillazione, sempre in maniera apparente, la voglia di cambiamenti e riforme, e in cui i cittadini credono di poter essere artefici del proprio destino come di quello del Paese.

I principi fondamentali dell’età della rovina, una nuova costituzione non scritta e senza autori diretti, venivano ripetuti ossessivamente dai rappresentanti del potere politico a ogni buona occasione, intervista, dichiarazione sui giornali, comizio in piazza o conferenza. Non sembravano parole vestite dal conforto tiepido di una riflessione profonda, ma accrocchi di sillabe che pretendevano di stabilire in che direzione la società avrebbe dovuto muoversi, ora che si navigava da anni in questa nuova età che nessuno aveva mai chiamato età della rovina. Declamavano il valore nobile dell’iniziativa individuale e della creatività contro il pessimismo e la mancanza di inventiva.”

 Seguiamo le vicende contorte, le meschinità politiche attraverso la vita di colui che nel romanzo non avrà mai un nome ma sarà sempre definito dal ruolo che gli è stato affibbiato dalle circostanze: “l’aspirante”; e un nome non l’avrà nessuno dei personaggi che si avvicenderanno sul palcoscenico della narrazione. Ecco, perchè sì, il romanzo sembra una rappresentazione teatrale, che ha in sè qualcosa di tragico e allo stesso tempo grottesco, dove le parole vengono contaminate dallo squallore intimo dei personaggi che attorniano l’aspirante e il loro significato piegato e lordato ad uso e consumo dei vari attori della scena.

Seguiremo le vicende dell’aspirante, che in quanto tale aspira semplicemente ad un lavoro dopo essersi laureato, ma che colleziona solo una serie di stage con belle promesse, intervallati da periodi di speranza angosciosa. Durante il racconto delle sue vicende, verremo resi partecipi anche delle ansie e preoccupazioni dei genitori stessi del protagonista: costretti a vivere e a cambiare in continuazione case in affitto senza riscaldamento, perchè perseguitati da creditori e padroni di casa incuranti del loro stato di quasi indigenza, conducono la loro grama vita richiedendo in continuazione finanziamenti per pagare i loro debiti.

L’aspirante impossibilitato a crearsi un suo posto nella società, vive insieme ai genitori e si arrabatta per non lasciarsi schiacciare dagli eventi mentre la madre contribuisce facendo da badante notturna senza possibilità di ferie o malattie.

Mentre i personaggi principali si trascinano alla bell’e meglio, nel panorama politico si  confrontano i due partiti principali, Il Partito del Progresso e il Partito della sicurezza; è tutto un susseguirsi di accesi dibattiti televisivi, pieni di promesse di liberazione dalla schiavitù economica e dall’insicurezza sociale dilagante.

La popolazione prende posizione, urla nelle piazze, illusa di poter avere un ruolo attivo; ma quelli che non hanno diritto nemmeno a sollevare la testa e a dare fiato alle loro richieste sono proprio i poveri, guardati con disgusto da tutti, perchè essere poveri è una colpa, un peccato capitale che rende indegni della stessa vita.

L’aspirante aveva appreso col tempo, senza necessità di particolari istruzioni, che le sue lamentele andavano espresse con moderazione, giacché le lamentele dei poveri hanno un insolito 13 potere disturbante. Nell’età della rovina nessuno aveva mai prestato attenzione a un’elementare evidenza: gli unici a lamentarsi, e a lamentarsi della propria condizione con notevole disinvoltura, non erano gli ultimi della coda, ma tutti gli altri, senza imbarazzo. La loro doglianza reclamava modernizzazione, «diritto al futuro!» gridavano, l’età della rovina apprezzava la pretesa di futuro, l’attitudine propositiva e l’intuizione creativa, queste erano le sole doglianze feconde. Invece le parole degli ultimi suonavano stordenti, tessere di una voce senza futuro che, a chiedersi come sarebbe stato domani, era già sfibrata. Così i poveri, per non risultare inopportuni, si davano una regolata.”

Francesco Tronci ci mostra lo spaccato di una società irrimediabilmente corrotta, nemmeno lontanamente conscia di essere stata intaccata  da un grande male, quello del cinismo che induce al calcolo e alla mancanza di empatia, in definitiva “un’età della rovina” che prima o poi imploderà. Lo scrittore con uno stile scorrevole e con una grande attenzione dedicata all’aspetto sociologico e ai risvolti filosofici delle vicende, ci guida verso una profonda riflessione sulla nostra stessa società, così simile a quella del romanzo e a prendere le distanze da certi meccanismi malsani di cui potremmo essere vittime o paradossalmente carnefici noi stessi.


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