“E
alla fine c’è la vita” è il romanzo di esordio di Davide Rossi, e racconta
le vicende di alcuni studenti universitari (Mario, Marco, Marika, Marianna e
loro amici). La loro vita si svolge in una Pavia universitaria, a cui si fa
riferimento con veloci pennellate perché a fare da protagonista in
realtà è la solitudine e la confusione esistenziale di questi
ragazzi. Questo ha tutte le sembianze di un romanzo corale, in
cui anche i nomi dei protagonisti giocano un ruolo importante: la
loro quasi somiglianza, ogni tanto confonde il lettore, ma penso che sia una
sensazione che l’autore voglia suscitare appositamente, quasi come a documentare il
comune malessere sociale, che in modi e per motivi diversi, colpisce ciascuno
di loro. E così vediamo Marco, angosciato da un rapporto conflittuale con i
genitori, in particolare con il padre, di cui non ci vengono spiegate le
origini, che si abbandona completamente all’alcol e alla droga
insieme ai suoi coinquilini; Mario che finisce in ospedale, provato dagli
eccessi a cui si è concesso; Marianna anch’essa, che si lascia vincere da qualsiasi tentazione sessuale; e Marika, una studentessa spagnola a Pavia con il
progetto Erasmus, che, in un momento di debolezza, durante una festa
universitaria, si butta tra le braccia di un viscido e depravato
professore. Ciascuno dei ragazzi è accomunato da un forte desiderio di vivere
senza però riuscire a dargli una direzione sana e coerente, con il
risultato che il tutto termina in un’ubriacatura di sensazioni e emozioni che
li avvolge in una spirale vorticosa verso il proprio
annullamento. Anche il titolo in questo romanzo ha il suo ruolo fondamentale,
perché funge da “faro nella notte” durante la lettura e si intuisce che
in qualche modo ognuno di loro capirà, anche grazie alle conseguenze dei loro
eccessi, che alla fine di tutto ciò che gli accade “… c’è la
vita”.
Lo
stile del romanzo, adatto ad una sceneggiatura, è abbastanza
atipico, e a qualcuno potrebbe infastidire però a mio parere, aiuta a capire
meglio l’ essere “monadi”
dei ragazzi, l’ incapacità di comunicare tra di loro e perfino a loro stessi,
il disagio interiore che li attanaglia e che sfocia in modi così trasgressivi e
autodistruttivi.
Questo
è un romanzo che consiglio vivamente a chi vuole cimentarsi nella lettura di
nuovi modi di raccontare storie e non ama le sterili “categorie”.
Biografia dell'autore
Davide
Rossi è nato il 18/01/1985 ed è cresciuto in un piccolo paese della provincia
di Pavia, Sant’Angelo Lomellina.
Nonostante
gli studi di natura prettamente scientifica, continua a coltivare due grandi
passioni che lo accompagnano fin dalla tenera età: il cinema e la scrittura. La
stesura di varie sceneggiature rappresenta dunque un’evoluzione naturale e una
di queste, scritta a sei mani, risulta nel film “Benvenuti a casa Verdi” del
2013 (Muccapazza film).
Parallelamente
all’esperienza cinematografica inizia una fase di sperimentazione che l’ha
portato a partecipare a diversi concorsi letterari con racconti brevi, poesie e
saggi.
"E
alla fine c'è la vita" nasce in seguito, e dall’unione, di tutti questi
percorsi.