Ciao a tutti,
oggi voglio presentarvi un saggio “Maschere e figure”
di Paolo Ruffilli edito da “Il ramo e la foglia edizioni”. Un saggio che
ho trovato godibilissimo e molto scorrevole.
Ve lo introduco con le stesse parole dell’autore, nell’interessante
prologo dell’opera:
“La letteratura, ispirandosi alla realtà della vita
degli uomini, ha creato nel tempo una galleria di “tipi”: modelli esemplari,
archetipi, ai quali sono riconducibili, nelle loro molteplici sfumature, tutti
i personaggi degli infiniti racconti venuti alla luce del mondo. I tipi sono
l’evoluzione di quelle “maschere” che rappresentano una condizione in qualche
modo primitiva, alle origini dell’avventura letteraria e a sviluppo di quello
che all’inizio era l’impiego teatrale per l’individuazione schematica di dati
caratteriali e fisici. Le maschere come travestimento del volto, in legno o
altro materiale, amplificavano e sottolineavano deformandoli i lineamenti di
ogni personaggio. Nel loro graduale trasferirsi dal concreto all’astratto delle
parole, hanno conservato il riscontro simbolico dell’uso che se ne faceva sulla
scena”.
Un percorso, quello delle figure che via via ha toccato e
fortemente influenzato ogni ambito dell’arte, passando dal teatro alla
letteratura e più vicino a noi fino al cinema, dopo essere stato contaminato a
sua volta dall’emergere della psicanalisi che ne ha dato una chiara funzione
simbolica, perché per il pubblico è significativo identificarsi nei vari
personaggi, e attingere in maniera catartica da ogni loro aspetto positivo o
negativo che sia, per soddisfare un bisogno inconscio di far pace con le
conflittualità che ciascuno di noi ha dentro di sé.
Col passare del tempo la gestione dei personaggi è
diventata più complessa, perché ognuno di loro racchiude aspetti negativi e
positivi insieme, che non è possibile separare se non mutilandoli della loro essenza,
contrariamente al passato in cui perseguendo un chiaro intento didascalico, la
distinzione tra Bene e Male era netta.
Queste figure continuano a essere presenti nella
letteratura moderna anche senza che né l’autore né i lettori ne siano
consapevoli, tanta è la loro forza primigenia.
Paolo Ruffilli ci guida in un interessante excursus della letteratura fino all’inizio del
Novecento, dedicando un capitolo per ciascun tipo:”il pigro”, “il
libertino”, “l’ipocrita”, “l’ingenuo”, “il bello”, “la
donna fatale”, “il malvagio”, “il vanitoso”, “l’androgino”
(e ci tiene a sottolineare che sebbene “la donna fatale” e “l’androgino”
sembrino moderni, in realtà essi attingono la loro natura da significati
simbolici antichi).
L’analisi delle figure è condotta con molta maestria e
padronanza, ciascuna di loro è analizzata all’interno di opere che molti di noi
hanno sicuramente letto, ma mai da un punto di vista così interessante,
riuscendo a trovare similarità senza alcuna forzatura, tra personaggi di autori
distanti non solo nel tempo, ma anche geograficamente .
Il lettore riesce così anche a trovare il filo conduttore
che unisce le prime rappresentazioni con maschere fisiche a personaggi per
esempio come Madame Bovary, Anna Karenina o Giacomo Casanova.
Un’analisi che secondo me, aggiunge un tassello
importante alla comprensione del vasto e complesso mondo della letteratura
mondiale, mostrando come simboli del passato siano riusciti col tempo ad entrare
a far parte del nostro “dna collettivo” e ad assumere col passare del tempo
sempre forme consone al periodo storico del momento.
Questo è un saggio che dà il suo valore aggiunto mettendo
in risalto le opere che analizza da un
punto di vista singolare e come “effetto collaterale” invoglia il
lettore a leggerle o rileggerle in maniera più consapevole.