Ero io che mi aspettavo qualcosa di eroico da me stessa. Ero io che mi sentivo da sempre votata alle grandi azioni degli uomini e non alle meschine cure domestiche a cui la storia aveva condannato il mio sesso. Fin da bambina mi ero appassionata alle avventure dei cavalieri e avevo maledetto la sorte che mi aveva fatto donna, assegnandomi un ruolo di secondo piano a cui mi era difficile adattarmi. Occuparmi della casa non era quello per cui mi sentivo chiamata e vivere all’ombra di un uomo non faceva per me. Avevo più fegato di molti uomini che avevo conosciuto.
È così che si descrive la protagonista del romanzo “Memorie di un’avventuriera”
di Emanuela Monti, nuova uscita della casa editrice “Il ramo e la foglia
edizioni”. Prima donna a diventare commediografa nell’Inghilterra del XVII
secolo, Aphra Behn non è purtroppo molto conosciuta attualmente nel panorama
letterario, ma devo dire che la sua è stata sicuramente una vita straordinaria e
fuori dagli schemi, e per certi versi lo sarebbe anche ora.
Aphra Behn nata
nella contea di Kent nel 1640 e morta a Londra nel 1689, era figlia di un
barbiere e sin da bambina amava scrivere versi e teneva un diario. La mamma non
vedeva di buon occhio queste fantasie, invece il padre ne era orgoglioso e la
supportò sempre. Durante la sua giovinezza frequentò la nobiltà e l’alta borghesia, e quando il padre venne nominato “Luogotenente Generale del Surinam”, si
trasferì con la sua famiglia nelle Indie Occidentali; ma il padre morì durante
il viaggio e a partire da questa perdita la vita di Aphra si fece molto
complicata soprattutto quando tornò in patria.
Divenne addirittura una spia per
conto di Carlo II e dovette arrabattarsi per sostenersi economicamente in
un’Inghilterra che attraversava uno dei momenti più difficili della sua storia:
la decapitazione di Carlo I e la conseguente salita al potere di Cromwell e dei
puritani e il suo successivo crollo con il ritorno degli Stuart. Le accadde
anche di finire in carcere perchè incapace di pagare i suoi debiti e spesso
dovette concedere il suo corpo pur di racimolare qualche soldo.
Provavo una sensazione elettrizzante al pensiero di avere l’arbitrio assoluto della mia vita. Non avevo né padre né marito né fratelli in età tale da potermi imporre la loro volontà o a cui dovessi rendere conto. E quella condizione di libertà avrei voluto conservarla per sempre. Ma questo sarebbe stato possibile soltanto se avessi trovato il modo di guadagnarmi da vivere. E nella Londra di quei giorni era un’impresa ancora più disperata del solito: la peste si stava diffondendo con allarmante rapidità.
In questa vita difficile Aphra non si perse mai
d’animo; il suo spirito indipendente e libero non l’abbandonò mai e nonostante
vivesse spesso nelle ristrettezze riuscì a trovare il tempo per dedicarsi a ciò
che amava tanto: la commedia. Divenne una fervida commediografa e alternava
questo lavoro con quello di copiatura di testi. Divenne molto famosa e
apprezzata ma allo stesso tempo la società inglese mal digeriva la sua vita
libera e anticonformista.
Anche una drammaturga è una donna pubblica. E infatti non è troppo diversa la considerazione che si ha di me e non a caso la critica principale che mi viene mossa è quella di essere sconcia.
Emanuela Monti ci
descrive con affetto questa donna incredibile in un romanzo in cui l’alternarsi
dello stile epistolare e quello del memoir narrato in prima persona dalla
protagonista rendono più vivida e palpabile la sua persona; e anche se, ci sono
lacune che nella sua accurata ricerca non è riuscita a coprire, l’autrice ha
deciso di colmarle appellandosi al principio di verosimiglianza e sempre nel
rispetto della commediografa inglese.
Dalla lettura di questo romanzo si esce
arricchiti: la vita di Aphra Behn la si può considerare la vita coraggiosa di
una donna che non si arrese mai di fronte al disprezzo di una società che
concepiva la donna come un oggetto privo di una propria identità, che dovesse essere dedita solo a
vivere dentro le mura di una casa e a dare discendenza. Ebbene, una donna come
Aphra, che decise di non farsi mai schiacciare dal maschilismo dilagante anche
tra le stesse donne, e che pagò a caro prezzo la sua indipendenza, merita un
inchino da parte di tutti noi e come scrisse Virginia Woolf :
“E tutte le donne insieme dovrebbero cospargere di fiori la tomba di Aphra Behn…perché fu lei a guadagnarci il diritto di pensare ciò che ci pare…”